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Sonetti del 1831 131

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sonetti romaneschi I.djvu{{padleft:443|3|0]]per dargli addosso.]      6 [Quel mezzano.]      7 [Del cherico, del sagrestano.]      8 [“Con l'olio,„ che qui è un' ironia.]      9 [Il vecchio.]      10 [Impiccio.]

L'INVIDIACCIA.

1.

  Uhm! bella, bbella! cuanno è ’na scèrt’ora,[1]
Nun è ppoi Nastasìa tutto st’oracolo.[2]
È ccento vorte più bbella Lionora,
E ggnisuno la tiè per un miracolo.

  Cos’ha dde raro? Er culo è ’no spettacolo;
Tiè ddu’ occhi de gatto e un dente in fòra:
E ddillo tu si nun è un antro stàcolo[3]
Cuer fiato puzzolente che tt’accora.

  Nun fo ppe’ ddì, ma cco’ sta donna bbella,
Co’ sta p......, co’ sto pezzo raro
Nun ce bbaratterebbe una sciafrèlla.[4]

  Sai cuer che mm’hai da dì, Nofrio[5] mio caro?
Che ssi ha vvent’anni soli a la bbardella,[6]
Ruga[7] co’ la bbellezza der zomaro.[8]

Terni, 3 ottobre 1831

  1. [Quando è una cert'ora: al fin delle fini.]
  2. Rarità.
  3. Altro ostacolo.
  4. Ciabatta.
  5. [Onofrio.]
  6. Sul dorso. [Ma il senso proprio di bardella è lo stesso che in Toscana.]
  7. [Si fa forte, fa la gradassa. Cfr. la nota 23 del sonetto: Vònno ecc, 2 ott. 31.]
  8. Cioè “colla gioventù„. Proverbio.
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