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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1831
Jer l’antro ebbe3 d’annà a li Ggipponari4
Pe’ rruscì5 verzo Punta-de-diamante,6
A crompamme un corpetto da un mercante,
4Che, disce Sgòrgio,7 nu’ li venne cari.
Er padrone era ito a li Ssediari8
A cercà un tajjo de pelle de Dante,
C’era un giovene9 vecchio, ma ggargante10
8Da fatte saccheggià li cortellari.
Io je disse de damme sto corpetto;
E cquer faccia de grinze a mossciarella11
Me ne diede uno che nemmanco in Ghetto.
12Io bbùttelo12 pe’ tterra. Er zor Brighella
Se scalla er pisscio:13 io té l’agguanto14 in petto.
E ssai come finì? Cco’ la bbarella.
Terni, 2 ottobre 1831.
- ↑ Ingannarti.
- ↑ [Rugare: rispondere con arroganza. La quale in romanesco si dice ruganza, e da essa appunto deve derivare questo verbo rugà; da cui poi si cavò alla nota maschera il nome di Rugantino o Rogantino.]
- ↑ Ebbi.
- ↑ I Giubbonari, contrada dove si vendono giubboni ed altre vesti ordinarie per lo più da contadini.
- ↑ Riuscire.
- ↑ Luogo speciale di detta contrada.
- ↑ [“Nome di scherno, che si dà alle persone mal fatte specialmente nelle gambe.„ Così, altrove, lo stesso Belli.]
- ↑ Altra contrada di Roma.
- ↑ Garzone di bottega.
- ↑ Di mala fede.
- ↑ [Castagna infornata, castagna secca.]
- ↑ Per concepire bene questo modo, conviene figurarsi che l’interlocutore dica a sè stesso: buttalo ecc.
- ↑ Si accende di collera.
- ↑ Lo afferro.
Note
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