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Sonetti del 1831 133

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LA CREAZZIONE DER MONNO.

  L’anno che Ggesucristo impastò er monno,
Ché pe’’ impastallo ggià cc’era la pasta,
Verde lo vòrze[1] fà, ggrosso e rritonno,
All’uso d’un cocommero de tasta.[2]

  Fesce un zole, una luna, e un mappamonno,
Ma de le stelle poi, di’ una catasta:
Sù uscelli, bbèstie immezzo, e ppessci in fonno:
Piantò le piante, e ddoppo disse: “Abbasta„.

  Me scordavo de dì che ccreò ll’omo,
E ccoll’omo la donna, Adamo e Eva;
E jje proibbì de nun toccajje un pomo.

  Ma appena che a mmaggnà ll’ebbe viduti,
Strillò per dio con cuanta vosce aveva:
“Ommini da vienì, sséte futtuti„.[3]

Terni, 4 ottobre 1831.



  1. Volle.
  2. [Quale sia il significato proprio di tasta può vedersi nella nota 9 del sonetto: La mala fine, 29 sett. 30. Ma poichè i cocomeri si vendono per lo più a prova, facendovisi prima un piccolo buco o taglio, qui de tasta viene a dire “maturo„.]
  3. [Siete rovinati.]
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