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184 D e l l e   A r t i   d e l   D i s e g n o

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Storia delle arti del disegno.djvu{{padleft:294|3|0]]buirono a Mercurio anche gli antichi Greci[1], come possiamo inferire dall’epiteto σφηνοπώγων datogli da Polluce[2], che non significa già barba intorta, come traducono gl’interpreti, ma bensì barba cuneiforme[3]; e da tali sembianze delle più antiche figure del greco Mercurio è forse derivato il nome Ἑρμωνεῖος[4] dato alle maschere che siffatta barba aveano. Benché però dubbio mover si possa, se quell’ara sia lavoro antico greco, ovvero etrusco; ciò non ostante nulla può inferirsene contro il mio principio, e serve essa egualmente a darci un’idea di quello stile, avendo di già avvertito di sopra che i più antichi disegni greci agli etruschi perfettamente somigliano. E’ qui da osservarsi la forma dell’arco, che s’incurva solamente nei due estremi, ed è diritto nel mezzo. Tale suol vedersi eziandio su i greci monumenti, ove si trovano uniti Apollo ed Ercole armati d’arco, cioè nell’atto che questi ruba a quello il tripode a Delfo[5]. Ercole però si suole altrove vedere con un arco scitico, che è assai incurvato o serpeggiante alla maniera dell’antico sigma greco[6].

§. 15. Il terzo basso-rilievo è un’ara quadrangolare del museo Capitolino, esistente altre volte nella piazza d’Albano, su cui rappresentansi varie fatiche d’Ercole. Potrebbe qui forse obbiettarmisi che in quell’Ercole le membra non sono più espresse o rilevate di quel che lo siano nell’Ercole Farnese; onde inferir non se ne possa che sia questo lavoro etrusco. Io debbo pur ciò accordare, e convengo di non avere


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  1. Eustazio Comment. in Iliad. lib. 19. pag. 1249). nota, che fosse uso dei Pelasghi di rappresentare Mercurio barbato. Si vede in tal guisa in diversi monumenti anche romani, de’ quali parla Foggini l. c. pag. 299. Pausania lib. 7. cap. 22. pag. 579. lin. 8. scrive che era stata collocata la statua di Mercurio colla barba in mezzo all’arca del foro nella città di Fara in Acaja.
  2. Onom. lib.4. cap. 19. segm. 134. e 137.
  3. Così l’aveva spiegata lo Scaligero Poet. lib. 1. cap. 14. Polluce non dà la barba a Mercurio, ma ad una persona della tragedia.
  4. Ibid. segm. 145.
  5. Paciaudi Mon. Pelopon. Vol. I. p. 114.
  6. Descript. du Cab. de Stosch, cl. 2. sect. 16. num. 1720. pag. 277. Forse quell’arco chiamavasi patulus:

    Imposito patulos calamo sinuaverat arcus.

    Ovid. Metam. lib. 8. v. 30.;

    e questo sinuosus:

    Lunavitque genu sinuosum fortiter arcum.

    Id. lib. 1. Amor. el. 1. v. 23.
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