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p r e s s o   g l i   E t r u s c h i , ec. 227

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Storia delle arti del disegno.djvu{{padleft:337|3|0]]maniera se ne veggono de’ grandissimi nella collezione Hamiltoniana[1].

[Pittura e disegno loro.]

§. 33 Ma ciò che più importa d’esaminare in questo trattato, non fono già le forme e gli usi de vasi summentovati, ma bensì le pitture loro e i disegni, che dennosi per la maggior parte ad artisti greci, e sono più degno oggetto da proporsi allo studio ed alla imitazione de’ nostri professori. Noi diffatti dal disegno e dalle pitture abbozzate assai meglio che dalle finite giudichiamo dello spirito dell’artista, del suo carattere, della sua maniera, e ne conosciamo l’abilità e quella franchezza, con cui la mano ubbidisce all’intelletto, ed eseguisce i pensieri. A quest’oggetto sono dirette le preziose raccolte di disegni; ma meglio delle altre fervono a questo fine le collezioni de’ vasi dipinti, i quali son veri disegni; e tranne quattro tavole marmoree del museo d’Ercolano, sono i soli che rimasti ci sieno degli antichi. Qui le figure sono semplicemente contornate nella maniera che ’l devono essere i disegni, in guisa cioè che oltre il contorno della figura vi sono espresse le altre parti di essa, e la forma e le pieghe e i fregi del vestito: e ciò con semplici linee o tratti senza lumi e senz’ombre. Che se noi a questi disegni diamo talora nome di pitture, non intendiamo già di parlare in senso rigoroso


F f ij e stretto

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  1. Che i grandi e bei vasi non potessero servire d’ornamento nelle case de’ privati, appare, dice il signor d’Hancarville, dalla ristrettezza che aveano le camere de’ Romani, alle quali perciò sì grandi e fragili valsi sarebbono stati soverchiamente incomodi. Aveano, è vero, gli antichi delle sale, degli atrj, de’ portici assai spaziosi; ma è egli probabile, che in luoghi sì pubblici, e sì frequentati avessero voluto esporli: [ In cima agli edifizj, principalmente nelle ville si solevano mettere dei vasi per ornamento, come si vede nelle Pitture d’Ercolano T. I. Tav. 50. 52. e 55., e in un pezzo di pittura delle Terme di Tito riportato dal Montfaucon Diar. ital. p. 130., Bottari Picturæ antiq. crypr. rom. ec. Tab. X., e da tanti altri. Se erano di terra cotta, come è probabile, e come per tal uopo si usano anche a’ nostri giorni, non saranno stati né dipinti, né di fino lavoro. Tali piuttosto saranno stati quelli, che erano collocati sull’orlo del tetto d’un tempio in Atene; poiché vi stavano non già per ornamento, ma per simbolo della lotta, o vogliam dire per simbolo di quelli, che si davano in premio ai lottatori, come sopra pag. 225. ha detto Winkelmann delle corse. Così pare almeno che possa interpretarsi un frammento di Callimaco presso lo Scoliaste di Pindaro in Nem. 10., e riportato da Bentlejo tra i frammenti di quel poeta num. CXXII. p. 366.:

    Etenim apud Athenienses super tectum sacrum statuuntur
    Hydræ, non ornatus symbolum, sed luctæ.

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