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n e l l e   v a r i e   f i g u r e , e c. 337

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Storia delle arti del disegno.djvu{{padleft:447|3|0]]§. 16. Abbiamo di ciò esempi in due de’ più bei lavori dell’antichità, de’ quali uno è l’immagine del terrore, che ne dà la morte imminente, e l’altro del patimento de’ dolori più atroci. Niobe[1] e le sue figlie, alle quali Diana vibra mortali saette, veggonsi rappresentate, comprese da terrore e da raccapriccio, in quello stato d’inesprimibile angoscia, in cui l’aspetto della morte presente inevitabile toglie per sin all’anima la facoltà di pensare. Di tale stato di stupore e d’insensibilità ci dà un’idea la favola nella metamorfosi di Niobe in sasso; e quindi Eschilo la introduce nella sua tragedia come interdetta e muta[2]. In tal momento, in cui cessa ogni riflessione, ogni sentimento, e che si avvicina all’insensibilità, non si alterano punto le sembianze, e nessun tratto del volto si scompone; onde il grande artista potea qui effigiare la più sublime bellezza, e ve l’ha scolpita diffatti. Niobe e le sue figlie sono e sempre saranno i più perfetti modelli di beltà[3].

§. 17. Laocoonte è l’immagine del più vivo dolore, che tutti mette in azione i muscoli, i nervi, e le vene. Il sangue suo è nella più forte agitazione pel velenoso morso de’ serpenti; tutte le parti del suo corpo esprimono tormento e violenza; e l’artista ha messo in moto tutte, a così dire, le suste della natura, facendo in tal modo conoscere l’arte sua e le sue profonde cognizioni. Nella rappresentazione però di quello eccessivo tormento pur vi si riconosce il contegno d’un uomo grande, che contro i mali suoi combatte, affrena i moti della sensibilità, e vuole comprimerli[4].

§. 18. Filottete, siccome appare dalle figure di questo

Tom. I. V v eroe

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  1. Ho aggiunto Niobe, sì perchè tutto il contesto di questo §. lo richiede; e sì perchè Winkelmann ve la aggiunge nel Trattato preliminare ai Monumenti antichi, cap. IV^. pag. XLV. lin. 34.; siccome ho emendato altre parole nella traduzione secondo lo stesso luogo.
  2. Schol. ad Æsch. Prom. vers. 435.
  3. Si possono vedere le figure riportate da monsignor Fabroni colla dotta illustrazione, che ne dà.
  4. Vedi appresso libro X. capo I. §. 18., e la Tavola in fine del Tomo iI.
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