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D e l   P a n n e g g i a m e n t o. 409

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Storia delle arti del disegno.djvu{{padleft:519|3|0]]veste quadrangolare, la quale per mezzo d’una cintura fi adatta in guisa che discende dalle spalle sulle braccia dai due lati a foggia di maniche; e ove tal veste non è cucita sulle spalle, ma v’è sostenuta da bottoni, quelli allora vengon giù per le braccia. Di tal ampia veste, chiamata da Livio[1] amplissima vestis, ammantavansi le donne ne’ dì solenni. Non m’è avvenuto mai di vedere fu antichi monumenti camice con maniche larghe, e rotolate fui braccio alla maniera d’oggidì, quali le hanno fatte alcuni moderni scultori, e nominatamente il Bernini sulla santa Veronica della chiesa di san Pietro[2].

§. 17. Non trovasi mai la veste ornata di frange, nè sull’orlo inferiore nè in altra parte; e quella osservazione può servire ad ispiegare quel che Callimaco, parlando della veste di Diana, chiama λεγνωτόν, parola sì dagli antichi che da’ più recenti traduttori spiegata per frange, fuorchè dallo Spanheim, il quale però non meglio si appone, spiegandola di certe fasce longitudinali che sono nella veste medesima intessute. Callimaco introduce quella dea che porge una supplica a Giove, acciò fra le altre cose le conceda di portar succinta la veste in maniera che il fregio (λεγνωτόν) le arrivi alle ginocchia:

. . . καὶ ἐς γόνυ μέχρι χιτῶνα
Ζώννυσθαι λεγνωτόν [3]

Ma siccome in nessuno degli antichi monumenti, o statue sieno o pitture, non s’incontra mai la veste di Diana nè con frange nè con fasce longitudinali; e si vede altronde con una larga fascia intessuta tutt’intorno all’orlo, principalmente nella statua Ercolanese da me descritta nel Libro iiI. capo iI[4];

Tom. I. F f f per-

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  1. lib. 27. cap. ult.
  2. Voleva dire Mocchi, come ne lo fanno autore il Bonanni Histor. Templi Vatic. c. 25., ove da la figura di quella statua; Sindone e Martinetti Della sacr. Basil. Vat. lib. 2 cap. 5 §. 13., e tutti generalmente.
  3. Hymn. in Dian. vers. 11. & 12.

    [ . . . Et ad genua usque tunicam
    Succingam simbriatam.

  4. §. 12. pag. 182.
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