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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Storia delle arti del disegno.djvu{{padleft:558|3|0]]mezza gamba[1], e poteano considerarsi come mezzi stivaletti, quali veggonsi nelle figure di Castore e Polluce, che ho stabilito di far incidere nella prosecuzione de’ Monumenti antichi inediti. Quali calzari si dessero alle figure eroiche veder si può nella supposta statua di Q. Cincinnato, o piuttosto di Giasone a Versailles: consistono questi in suole che hanno intorno un orlo rialzato, largo un dito, e posteriormente un calcagno di pelle; son allacciati fui piede con una coreggiuola o stringa, e legati sopra la caviglia.

§. 19. Di scarpe formate di cordicelle intrecciate (simili a quelle che si conservano nel museo d’Ercolano da me rammentate di sopra) dee forse intendersi Plinio[2] allorché parlando delle scimie dice: laqueis calceari imitatione venantium tradunt, cioè „ dicono che le scimie facciansi le scarpe di corda ad imitazione dei cacciatori „; onde mal s’apposero coloro che l’intesero delle cordicelle o reti in cui quegli animali veniano presi alla caccia. I più nobili Ateniesi, al riferire degli scrittori, portavano sulle scarpe una mezza luna or d’argento ed ora d’avorio, e i nobili Romani una luna tonda; tal fregio però non s’è trovato ancora fu nessuna statua romana[3].

§. 20. Osserverò qui per ultimo che gli antichi, i Greci almeno, non usavano fazzoletto, sapendo noi che le persone anche più ragguardevoli tergeansi all’uopo le lagrime col manto, come fece Agatocle, fratello d’una regina d’Egitto, al cospetto di tutto il popolo alessandrino[4]: le serviette medesime non s’introdussero presso i Romani se non ne’ tempi posteriori; anzi ai conviti ognuno portavasi seco la sua.


§. 21. Nel

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  1. Horat. lib. 1. sat. 6. vers. 27.
  2. lib. 8. cap. 54. sect. 80.
  3. La forma di questo fregio era di luna crescente, non piena, anche presso i Romani; e significava, al riferire di Sant’Isidoro Orig. lib. 19. cap. 34., il numero cento; alludendo al numero centenario dei senatori. Dai moderni autori si disputa se si ponesse sul piede avanti, o dietro al calcagno a modo quali di sperone. Ved. Rubenio De re vest. lis. 2. cap. 4., Ferrario Anal. cap. 36.
  4. Polib. lib. 15. pag. 712. D.
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