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Insurrezione e Costituente[2]
Fratelli, caricate i vostri fucili! L'insurrezione ora è un fatto


Due sono i problemi che in questi momenti agli Italiani si presentano principali: trovare il modo piú pronto ed efficace di cacciar Radetzky oltre l’Alpi; trovar modo di compiere la rivoluzione interna evitando la guerra civile.

Queste due questioni sono piú congiunte che a prima vista non appare. Dopo l’insurrezione del marzo fu tentato dall’Associazione Nazionale capitanata da Giuseppe Mazzini di disgiungere totalmente la guerra di indipendenza dalla questione politica, di riunire il partito monarchico e il democratico nel comune grido di guerra all’Austria. Si aveva una armata regolare e un paese insorto; era ugualmente stolto rifiutar l’opera dell’armata regolare, o spegnere l’insurrezione; sollevando la bandiera repubblicana si correa rischio di perdere l’armata regolare; sollevando la bandiera monarchica si spargeva l’insurrezione, e poi decidendo definitivamente delle sorti del paese, si provocava lo sviluppo dei vari partiti, le diffidenze dei governi, e dei popoli Italiani, le gare di capitale. Il tentativo dell’Associazione mancò, il governo di Torino ruppe la neutralità e usando dell’influenza che gli dava un’armata propria in Lombardia, e d’altri mezzi – non tutti nobili – s’impose alla Lombardia. Le conseguenze della «fusione» sono compendiate nella capitolazione di Milano, e nell’armistizio volgarmente detto «Salasco».

L’insurrezione accenna voler chiamare un’altra volta in campo gli Italiani. Con quale bandiera v’andranno? cominceranno la guerra gridando «viva la monarchia», o «viva la Repubblica»?

Noi non vorremmo né l’una cosa, né l’altra. Dare senz’altro l’Italia un’altra volta nelle mani al principio che l’ha tradita ci parrebbe ormai qualche cosa di peggio che una stoltezza. Intimar la guerra ai governi italiani mentre pende la guerra d’indipendenza ci parrebbe non solo indebolire l’Italia rendendone piú sensibili le divisioni, ma un precipitarla in una guerra civile che peserebbe lungamente sulla coscienza dell’uomo, o del partito che l’avesse provocata. E alzar nella Lombardia la bandiera monarchica o la repubblicana è ugualmente decretare la guerra civile: il partito che facesse una cosa o l’altra ne avrebbe la responsabilità. Sulla coscienza dei monarchici di buona fede pesano già troppe sventure della patria perch’essi vogliano aggiungervi anche questa colpa, e i repubblicani debbono sentir troppo la santità della loro bandiera per non volerla sollevare insegna di guerra fraterna.

Ma d’altra parte i partiti si sono troppo sviluppati in questi ultimi tempi per poterli arrestare con un’idea negativa come è quella di «aspettare» a guerra, finita. Sicché convien dare all’insurrezione Lombarda una bandiera, e una bandiera che possa essere accettata da tutti i partiti. Tale ci pare quella della sovranità popolare, la quale si traduce nella pratica nella parola «Assemblea Costituente» Italiana. Noi diciamo che il principio della sovranità popolare è generalmente accettato da tutti i partiti giacché oramai il diritto divino ha perduto totalmente il credito e gli scrittori monarchici non si difendono dal partito contrario che sostenendo la monarchia essere il governo voluto dalla maggiorità del popolo – noi non discutiamo sulla verità dell’ipotesi, ma notiamo solo ch’essi invocando un tacito mandato popolare ammettono implicitamente il principio della sovranità popolare, principio che hanno comune coi repubblicani giacché questi ne fanno primo, anzi unico dogma delle loro credenze politiche.

Cosicché la parola «Assemblea Costituente» ci par l’unico grido politico che possa sollevarsi nella guerra lombarda senza tradire la causa italiana, senza offendere nessun partito d’opinioni coscienziosamente sentite.

Frattanto il paese dovrebbe esser governato da giunte d’insurrezioni le quali si occupassero esclusivamente di combattere il piú efficacemente possibile l’armata austriaca. Tale maniera di governo ha inoltre il vantaggio di essere la meglio acconcia a promuovere e condurre la guerra d’insurrezione, guerra che assalendo il nemico non in un punto solo, ma su molti, esige molti centri di azione. Il popolo divori coll’insurrezione i suoi nemici, e decida delle sue sorti colla «Costituente».


Note

  1. Il Diario del Popolo, 27 ottobre 1848.
  2. Il Diario del Popolo, 27 ottobre 1848.
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