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Usa sola donna
Noi che restiamo Il denaro dei poveri

Una sola donna.

Io ho troppo vissuto, per non avere un forte scetticismo sulla efficacia dell’opera collettiva feminile. Come negare l’ardore, lo zelo, la buona volontà di ogni donna, in tutti i comitati e sottocomitati, in tutti i patronati, in tutti i protettorati.? Ma quando questi ardori e queste buone volontà feminili si riuniscano, in quindici, in trenta, in cinquanta, esse sono così diverse e contrarie, così svariate e ostili, che finiscono per dissolversi scambievolmente. Intorno alle creature intelligenti e vive, si forma uno strato impenetrabile di creature lente e torpide: intorno a un gruppo di anime sensibili e schiette, si serra un cerchio di donne indifferenti e vanitose; se vi è qualche spirito muliebre originale e audace e, quindi, capace del più nuovo e del più grande bene, è subito rallentato, sminuito, indebolito e infine, depresso, da tutti gli esseri muliebri che han fatto, della banalità e della convenzionalità, l’usbergo della loro ignoranza e della loro pigrizia morale: se delle idee modernissime appariscono e balenano, in queste singolari riunioni, non vi sono che ribellioni palese e segrete — le segrete, più pericolose — del tradizionalismo: e più cresce il numero delle intervenute a queste raccolte feminili, più diventa quasi invitta una resistenza passiva, a ogni proposta che non sia antiquata e trita, a ogni progetto, che non sia segnato e consunto dal tempo e dall’uso. È esagerato, forse, il mio pessimismo? Ditelo voi, donne sincere, donne pratiche, che tante volte ho visto innamorate di una felice idea di bene, che tante volte io ho visto accese di una fiamma ammirabile, desiose che tante altre anime ne sentissero la nobile ardenza, donne che tante volte io ho visto sperare, operare e credere, credere fermamente che tutte le loro amiche, che tutte le loro conoscenze avrebbero compreso, apprezzato e diviso, infine, il loro apostolato, che tante volte io ho visto diffondere la loro parola, affermare la loro convinzione, esaltare la loro opera, fra donne a loro consimili.... E sempre, ahimè, più presto o più tardi, le ho viste sentire la vanità dello sforzo morale, provare la tristezza di una delusione profonda, misurare la inutilità di un pensiero fecondo, di un’azione feconda. È troppo scoraggiante, forse, il mio pessimismo? Se esso potesse mai far legge, dovrebbero, forse, sparire i grandi patronati, i grandi comitati feminili, sacrando all’ozio e alla noia una quantità di gentili creature disoccupate, disoccupatissime, tagliando le ali a cento piccole vanità, che pure hanno il diritto di esistere, recidendo un certo vincolo sociale che, più o meno, si crea fra donne di classi differenti, e che, dopo, si scioglie da sè, subito, come tutte le cose male annodate? Non fa legge, per fortuna, il mio pessimismo: e, più che mai, ora, per la guerra, sono sorti, sorgono, sorgeranno molti, moltissimi comitati e sottocomitati, patronati e protettorati feminili, di ogni genere, di ogni specie. Chi oserebbe criticarli? Chi oserebbe non appoggiarli? E, sul principio, una quantità di donne vi accorreranno, con impeto confuso, e non ve ne verrà fuori nulla di buono e di utile: poi, la gran folla muliebre si diraderà, si stancherà, si dileguerà: i comitati si ridurranno di numero, restandovi poche donne, intelligenti e volenterose: e, infine, quando ogni comitato sarà ridotto a uno o due unità feminili, quando vi saranno due consoli, o un solo Primo Console, cioè una sola donna, una tiranna, a fin di bene, allora, solamente allora, il bene verrà fuori, come viva sorgente.

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Giacchè i moltissimi anni che io ho vissuto, han fatto crescere, sempre più, in me, la mia fiducia nell’opera individuale feminile. Ovunque, in pace e in guerra, nelle ore di calamità pubblica e nei bei periodi tranquilli e lieti, io ho visto e misurato e ammirato, quanto una sola donna, sorretta da uno spirito sereno e pure energico, guidata da una coscienza chiara e semplice, possa fare nella sua famiglia, nella sua città, nella sua patria: ovunque, ho notato nella mia mente, ho segnato nella mia memoria, quello che una donna, una sola, possa avere di benefica influenza su coloro che l’amino, su coloro che la stimino, su coloro che semplicemente la conoscano; influenza di consiglio e" di esempio, influenza di conforto e di coraggio, influenza di esaltazione e di entusiasmo, influenza di sottile penetrazione o di improvvisa e magnifica conquista. Sia no bianchi i capelli di questa donna e il suo volto sia quello di una estrema e fredda rosa d’inverno: sia ella dotata di quelle serie e conquidenti virtù di una declinante giovinezza: sia ella fresca di gioventù e di salute, sempre il suo fascino diverso, le servirà a meglio diffondere, intorno a sè, tutto ciò che nell’idea, nella parola e nell’azione, può trasformare le anime e trasformare le cose, e persino, trarre, da tutto il male, tutto il bene! O donna, che sei in fondo alla tua casa, o donna che vivi in fondo a un paese di provincia, o donna che sei confinata in un borgo, che importa, se il tuo campo sia ristretto, se il tuo campo sia piccolo? Sempre tu puoi ararlo, il tuo campo, e buttarvi un seme fruttiferò, e veder la poca terra dare il suo piccolo germoglio, e un fiore di bellezza e Un frutto di vita venir ad appagare la tua anima desiosa e a compensare le tue dure fatiche. 0 donna che compi tanto esercizio di tue virtù muliebri, nell’ombra amica della tua casa, nel picciol cerchio dei tuoi conoscenti, o donna che non ricevi i compensi preclari che altre, assai meno di te meritevoli, raccolgono, e che t’importa di questo silenzio e di questa oscurità, giacchè tu non chiedi approvazioni che alla tua anima immortale, nel tuo segreto, o a Dio che ti vede e che ti giudica, nel tuo segreto, con Lui? O donna che, spesso, non raccogli intorno alla tua costante opera di bontà che la indifferenza, o forse lo scherno o forse la ingratitudine e, ogni tanto, bevi il veleno che il mondo ti mesce, in cambio della dolcezza che gli versasti, e che t’importa, questo, quando tu sai che la ingratitudine colpisce solo le anime generose, e quando tu non chiedesti mai il prezzo di ciò che hai fatto, dimenticando il bene prodigato? O donna, tu sei sola: ma che possanza in te, se a cento altri, tu sola, tu sola, sei utile, sei giovevole, e non vuoi nulla in cambio, salvo che il profondo godimento spirituale di tutto dare, tu sola, a cento altri!

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Così, io lo so, in questa guerra, quanto ogni donna vorrà fare, saprà fare, da sè, per ispirazione celeste, per ispirazione d’amore, avrà un valore immenso. Sia o non sia irreggimentata nelle associazioni, dia poco o molto di sè a queste forme collettive, la sua opera personale, individuale, si potrà svolgere, nelle forme più umili e nelle forme più superbe, in un innumerevole vantaggio sociale. Che se essa è sposa e il suo consorte è lontano, a servire la patria, la sua più grande opera è di reggere con le sue bianche, ma pur forti mani, tutto il peso della famiglia: che se essa è madre e i suoi cari son lontani, la sua opera fulgente è di sostenerne e moltiplicarne il coraggio, è di consolare quelli che restano, consolando, così, anche sè stessa: che se essa non ha sposo o figli sul campo cruento della guerra, avrà fratelli, parenti e amici, e il suo spirito alacre, il suo cuore vegliante, saranno sorgenti di viva serenità, per i lontani, per coloro che furono separati: che se essa non ha questi così diretti, così affettuosi e sì amorosi doveri da compiere, tanti altri sono offerti, a ogni donna, nella sua casa, nel suo ambiente! Ogni donna può dare o trovar del buon lavoro alla moglie di un richiamato, purchè se ne voglia occupare, con intelligenza, con efficacia: ogni donna può proteggere le creature di un richiamato, e non far sentire ad esse la mancanza del loro padre: ogni donna può disciogliere il nodo di una difficile condizione di una povera famiglia, di un povero vecchio, che mancano di soccorsi, perchè non sanno neppure a chi chiederli: ogni donna può scrivere una supplica per un infelice che cerca aiuto e far giungere a destinazione buona questa supplica: ogni donna può scrivere una lettera per un’analfabeta: ogni donna può dare una buona notizia a un ignaro: ogni donna può temperare una cattiva notizia, con la sua soavità: ogni donna, infine, può dare il pane del corpo a un affamato, può spezzare il pane dell’anima a un disperato. Da sè, con la sua ferma volontà, con la sua instancabile energia, con l’acutezza della sua mente, con la rapidità della sua intuizione, ogni donna, essa sola, può ottenere una somma di bene di cui nessun matematico, mai, dirà la cifra ideale. Dia il soldo del suo portamonete, il cibo della sua dispensa, il vecchio vestito del suo armadio: e dia, poi, la sua attenzione a ogni lamento, la sua compassione a ogni tristezza: e, dopo, cerchi il modo di vincere la sofferenza, e di far dileguare la tristezza. E, infine, ogni donna, da sè sola, dia il meglio della sua anima e il meglio del suo cuore. Così sia!


Fine giugno 1915....

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