< Pensieri (Leopardi)
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LXXX LXXXII

LXXXI.

Accade nella conversazione come cogli scrittori: molti de’ quali in principio, trovati nuovi di concetti, e di un color proprio, piacciono grandemente; poi, continuando a leggere, vengono a noia, perché una parte dei loro scritti è imitazione dell’altra. Cosí nel conversare, le persone nuove spesse volte sono pregiate e gradite pei loro modi e pei loro discorsi; e le medesime vengono a noia coll’uso e scadono nella stima: perché gli uomini necessariamente, alcuni piú ed alcuni meno, quando non imitano gli altri, sono imitatori di sé medesimi. Però quelli che viaggiano, specialmente se sono uomini di qualche ingegno e che posseggano l’arte del conversare, facilmente lasciano di sé, nei luoghi da cui passano, un’opinione molto superiore al vero, atteso l’opportunitá che hanno di celare quella che è difetto ordinario degli spiriti, dico la povertá. Poiché quel tanto che essi mettono fuori in una o in poco piú occasioni, parlando principalmente delle materie piú appartenenti a loro, in sulle quali, anche senza usare artifizio, sono condotti dalla cortesia o dalla curiositá degli altri, è creduto, non la loro ricchezza intera, ma una minima parte di quella, e, per dir cosí, moneta da spendere alla giornata, non giá, come è forse il piú delle volte, o tutta la somma, o la maggior parte dei loro danari. E questa credenza riesce stabile, per mancanza di nuove occasioni che la distruggano. Le stesse cause fanno che i viaggiatori similmente dall’altro lato sono soggetti ad errare, giudicando troppo altamente delle persone di qualche capacitá, che ne’ viaggi vengono loro alle mani.

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