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LXXVI
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LXXVI.


AD EMMA


 
P

ERCHÈ della tua porta, Emma gentile,
    La vergogna mi ferma al limitar?
Perchè sei tanto bella e tanto vile?
4 Perchè ti bacio e non ti posso amar?

Lieta tu pur m’accogli e ne’ giocondi
    Occhi di voluttà trema un balen;
Piovon disciolti i tuoi capelli biondi
8 Sulle giunonie spalle e il nudo sen.

Oh, le lunghe carezze e l’infocate
    Strane lascivie tue chi dir le può?
Chi l’ha baciate, di’, chi l’ha baciate
12 Le tue labbra frementi e le scordò?


Oh, quante volte stanco io chiusi gli occhi
    Poichè la forza al mio desir fallì
E il capo riposai sui tuoi ginocchi
16 Desiderando di morir così!

Ma quando sull’aurora una lontana
    Squilla di bronzi entrambi ci destò,
Pagai le tue carezze, o cortigiana,
20 E la vergogna in cor mi ritornò.

Torna, cagna furente, al tuo covile
    Sotto ai bruti irruenti a spasimar,
Torna all’infamia tua; sei troppo vile,
24 Sei troppo vile; non ti posso amar!



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