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Questo testo fa parte della raccolta XIII. Da 'Psiche'
XCI
QUEL DÌ
Diva Morte, quel di, che, il capo stanco
nel tuo sen reclinato, io m’addormenti,
con te prendi, se puoi, prendi pur anco
le alate rime ch’io lanciai ne’venti.
Il saperle con te duro fia manco
che date a l’aura delle ambigue genti:
l’insigne mondo or si travaglia al banco,
e lá vibra sua celia ai numi spenti.
Lasciam l’insigne mondo e la sua cura;
e tu spargi fra i salci, o diva Morte,
qualche strofa d’amor su me sepolto.
Vagheggiarti qua giú fu mia ventura:
e, fermo il passo a le tenarie porte,
darò, nud’ombra, a le tue note ascolto.
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