< Rime (Andreini)
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Canzonetta morale VII
Sonetto C Sonetto CI

Con la fortezza acquistarsi l’immortalità.

Canzonetta Morale VII.


F
Renò l’hore fugaci, e del gran Mondo

Giove gli ordini ruppe; al Sol impose,
     Che le faci del dì tenesse ascose
     Legando Eto, e Piroo nel Mar profondo.
Espero, che ’l mattin suol cangiar nome
     Tardò ’l passo; onde fur congiunte in una
     Tre notti; e vide à suo piacer la Luna
     Del suo vago il bel viso, e l’auree chiome.
D’aprir sue rose in Ciel mostrò l’Aurora
     Segno; ma Giove al suo desir contese;
     Ond’ella poi, che l’alto cenno intese
     Fèo col vecchio Titon mesta dimora.
Sentì l’Orto, e l’Occaso il nascimento
     Del forte Alcide, il cui sovran valore
     Per haver d’ogni Mostro altero honore
     Non potèa d’una notte esser contento.
Nacque il fanciul superbo, e con famosa
     Forza (benche nascente) in terra gli angui

     Distese con la man tenera essangui
     Sprezzando l’ira di Giunon gelosa.
Crebbe l’età, crebbe ’l valor con gli anni:
     Onde quanto d’orribile la Terra
     Havea; benche s’armasse ad aspra guerra
     Spiegò invan contra lui d’orgoglio i vanni.
Le ’ngorde fauci à guisa d’antro aperse
     (Memoria illustre de l’antica selva)
     A l’iraconda generosa belva
     Del cui vello indi gli homeri coperse.
Domò la Cerva, e ’l bosco d’Erimanto
     Purgò da l’ira del Cinghiale ardente;
     Non fù Acheloo di contrastar possente,
     E ’nvan muggìo sotto ferino manto.
Gli stinfalidi augei traffisse; e ’l forte
     Cacco, e ’l gran figlio de la Terra estinse,
     E con la man, che tanti Mostri vinse
     I triformi fratei condusse à morte.
Innanzi à i crudi altari uccise l’empio
     Busiri; in cibo à’ propri suoi destrieri
     Diè ’l crudo Trace; tolse i pregi alteri
     Al Termodonte con heroico essempio.
Trasse lo stigio Cane al chiaro giorno
     Di Pluto à scherno; le feconde teste
     Del Drago sempre rinascenti, e ’nfeste
     Per lui morir cinte di fiamma intorno.
Sotto la scorta sua Troia cadèo;
     De’ ricchi pomi spogliò l’horto altero,
     Che ’l vigile custode ancorche fiero
     Vibrando fiamme al suo valor cedèo.
Perche posasse Atlante al fin soppose
     Gli homeri al Ciel, dov’acquistò la fede

     Honorata, e giustissima mercede
     Di prove memorande, e gloriose.
Tant’hà forza il valor; ond’io discerno.
     Famoso Henrico la tua egregia spada
     Trà gli alti alberghi aprirsi homai la strada
     Fatta di chiare stelle un segno eterno.

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