< Rime (Andreini)
Questo testo è completo.
Sonetto C
Sonetto XCIX Canzonetta morale VII

SONETTO C.


M
A (lasso) ch’io vinto dal duol vaneggio.

A che prego, à che piango, perche i lumi,
     Che fan de’ miei sì dolorosi fiumi
     S’aprano? ohime, che la mia morte chieggio.
O mio stolto desir io ben m’avveggio,
     Che non sai di quegli occhi anco i costumi;
     Onde ’ncauto nel male il ben presumi.
     Fora aperti vedergli il nostro peggio.

Se le fredd’ombre de la notte oscura
     Non temprasser l’ardor, che ’n me disserra,
     Quel guardo: arderia già mio fragil velo.
Così se ’l Verno con le nevi, e ’l gielo
     Non temprasse (qual suol) l’estiva arsura
     Inutil polve diverria la terra.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.