< Rime (Andreini)
Questo testo è completo.
Sonetto CXC
Sonetto CLXXXIX Sonetto CXCI

SOLETTO CXC.


A
Tè le ardenti mie preghiere invìo,

A tè Padre del Cielo humil ne vegno.
     Deh non haver quel, ch’io ti sacro à sdegno.
     Ma pon mente à l’interno alto desìo.
A tè sacro l’affetto del cor mio,
     E i frutti ancor del mio mal colto ingegno.
     Sò che picciolo è ’l don, so, ch’egli è ’ndegno.
     Di tè vero Monarca, e vero Dio.
Mà se tù non ricusi ò sommo bene
     D’accorlo nel tuo sen di grazia pieno,
     Degno farallo il tuo favor divino.
Pianta così se trasportata viene
     Da Monte alpestre ad un Giardino ameno
     Nobil frutto produce, e pellegrino.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.