< Rime (Andreini)
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Sonetto LXXXVII
Sonetto LXXXVI Sonetto LXXXVIII

SONETTO LXXXVII.


L
Uci, ond’hà lume il Sol, se non vi spiace,

Anzi v’è del mio cor l’incendio caro
     Non mi sia Amor de le sue fiamme avaro,
     Ma volga in me cortese ogni sua face.

Offender non mi può quel, ch’à voi piace
     O begli occhi per cui d’arder imparo;
     Che le stelle sù ’n Ciel forse ordinaro,
     Ch’io sol trovi per voi conforto, e pace.
Sfavilli, ed arda pur questo mio petto.
     Sia ne la fiamma avventuroso il core
     Come Pirausta entr’à fornace ardente;
Che nel foco non pur non langue, ò muore,
     Ma da l’incendio suo tragge diletto,
     E divien ne l’ardor viè più possente.

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