< Rime (Andreini)
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Sonetto LXXXVIII
Sonetto LXXXVII Madrigale XLII

SONETTO LXXXVIII.


F
Ileno mio quell’empia Donna altera

Per cui cantando dolcemente piagni,
     E ’l garrir de gli augei mesto accompagni
     Da un’alba à l’altra, e d’una a l’altra sera
Più che Donna e (cred’io) selvaggia Fera;
     Che sol s’allegra alhor quando ti lagni,
     E di lagrime amare il volto bagni,
     Anzi d’ogn’aspra Fera ell’è più fiera.
Vengon le Fere al tuo soàve canto,
     E deponendo l’ira, e l’alterezza
     S’addolciscon pietose à i versi, al pianto.
Questa non t’ode, e ’l tuo pregar non prezza.
     Qual la difende (ohime) magico incanto?
     Qual empia stella? ò qual natìa fierezza?

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