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Isabella Andreini - Rime (1601)
Sonetto XCVI
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SONETTO XCVI.
O
Nemico, ed ardito mio pensiero Per tè mi struggo, e ’n così amare pene
Riverenza, e timor fia, che m’affrene,
Che l’oggetto, ond’avampo è troppo altero.
Qual senz’arme se’ tù forte guerriero;
Merito non possiedi; ed havrai spene
D’alte venture incauto? ah non conviene
Segno divino ad un mortale arciero.
Poco di fè, poco d’amor s’apprezza
Ricco tesor, quando Fortuna humile
Vien, ch’à nobil desir fiera contenda;
Ed ei, ciò ti consoli, e ti difenda;
Ch’erger il volo à gloriosa altezza
Impresa non fù mai d’animo vile.
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