< Rime (Vittoria Colonna)
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Sonetto LXXI Sonetto LXXIII


SONETTO LXXII

Ahi quanto fu al mio Sol contrario il Fato,
  Che con l’ alta virtù dei raggi suoi,
  Pria non v’ accese, che mill’ anni e poi
  Voi sareste più chiaro, ei più lodato?
Il nome suo col vostro stile ornato,
  Che dà scorno agli antichi, invidia a noi,
  A mal grado del tempo avreste voi
  Dal secondo morir sempre guardato.
Potess’ io almen mandar nel vostro petto
  L’ ardor, ch’ io sento, e voi nel mio l’ ingegno,
  Per far la rima a quel gran merto eguale.
Che così temo ’l Ciel non prenda a sdegno
  Voi, perchè preso avete altro soggetto;
  Me, ch’ ardisco parlar d’ un lume tale.



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