< Rime (Vittoria Colonna)
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Sonetto LXXII Sonetto LXXIV


SONETTO LXXIII

Quanto invidio al pensier, ch’ al Ciel invio,
  L’ ali sì preste, ch’ a lui non contende,
  Lo spazio, il giunger tosto al Sol, ch’ accende
  Fra le vane speranze il voler mio.
Potess’ io almen tuffar nel cieco oblio
  La memoria del bene, ond’ ora prende
  Tal forza ’l duol, che ’l cor non sempre intende,
  Quanto lunge dal ver vola il desio.
Che pur qui va cercando i chiari raggi
  Negli occhi amati, nè ragion l’ appaga,
  Che le dimostra più lucenti il Cielo.
Ma ’l primo oggetto segue, e quei viaggi
  Son troppo erti al mio piè, finchè la vaga
  Aura vital sostien quest’ uman velo.

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