Questo testo è stato riletto e controllato.
Traduzione dal greco di Angelo Maria Ricci (1824)
Antichità
Questo testo fa parte della raccolta Le odi di Anacreonte e di Saffo


SAFFO AL SALTO DI LEUCADE


Da un Frammento.


Vengo... ti schiudi, paventato scoglio,
Sacro all’oblio di sventurato amore;
Vengo... è mia colpa aver per mio cordoglio
                    4In petto un core!...
Non vuo’ che sappia e per chi venni e come
L’Eco, e ne attesti la crudel cagione,
Non vuo’ che spiri sul mio labbro il nome
                    8Del mio Faone!
Stolta! e che dissi?... se piangendo in vita
Torno, canora vittima infelice,
Nasconder voglio della mia ferita
                    12La cicatrice.
Oh caro un giorno flebile stromento,
Se l’aura e il nembo qui ti muova e bagni
Vuo’ che soltanto con la selva e il vento
                    16Di lui ti lagni.
Ma se per fato quì morir mi tocca,
Voi fere erranti, lamentosi augelli,
A lui recate sanguinosa ciocca
                    20Dei miei capelli.

Ditegli... ah! no... meglio in soffrir si tace:
Vi rendo, o Numi di tal vita il dono...
Vengo... e se morte mi promette pace,
                    24Io m’abbandono...

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.