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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834
SAN GIUVAN-DE-GGIUGGNO
Domani è Ssan Giuvanni? Ebbè ffìo1 mio,
Cqua stanotte chi essercita er mestiere
De streghe, de stregoni e ffattucchiere
Pe’ la quale2 er demonio è er loro ddio,3
Se straformeno4 in bestie; e tte dich’io
C’a la finosomia5 de quelle fiere,
Quantunque tutte-quante nere nere
Ce pòi riffigurà6 ppiù dd’un giudio.7
E accusì vvanno tutti a Ssan Giuvanni,
Che llui è er loro Santo protettore,
Pe’ la meno che ssia, da un zeimilanni.8
Ma a mmé, cco ’no scopijjo9 ar giustacore
E un capo-d’ajjo9 o ddua sott’a li panni,
M’hanno da rispettà ccome un Ziggnore.
15 marzo 1834
- ↑ Figlio.
- ↑ Di questo pronome relativo il romanesco non usa che il femminino singolare, e di questo i soli casi la quale e per la quale.
- ↑ I due versi antecedenti sono tratti quasi letteralmente dalla Dottrina del Cardinal Bellarmino.
- ↑ Si trasformano.
- ↑ Fisonomia.
- ↑ Ci puoi raffigurare.
- ↑ I giudei passano per abilissimi maliardi.
- ↑ Da un seimil’anni.
- ↑ 9,0 9,1 Scopiglio: aglio. Alla scopa e all’aglio è attribuito l’onore di predominare le streghe e renderne innocue le malie.
Note
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