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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834
LA PRISCISSION DER CORPUS-DOMMINE
Perchè ll’antr’anno in certa priscissione1
Sce successe un tantin d’ammazzamento,2
Mo ar tronco3 e a lo stennardo4 sto scontento
De Papa j’ha da dà l’inibbizzione!5
Leva tronco e stennardo, e in un momento
Nun ce resta ppiù un cazzo divozzione.
Sarebbe meno male in cuncrusione
De levà dda la coda6 er Zagramento.
Ner portà bbene lo stennardo e ’r tronco
Llì sse vedeva l’omo, eh sor Diopisto?7
E ssi uno era svertro8 oppuro scionco.9
Ma mmó cche nnun c’è ppiù ttronco e stennardo
E nun ce resta che cquer po’ de Cristo,10
Le priscissioneio?! manco le guardo.
15 marzo 1834
- ↑ Della Confraternita di...
- ↑ La destinazione dello stendardo e del tronco, ambita ardentemente da tutti i confratelli, specialmente dai più giovani che amano far pompa di destrezza innanzi alle case delle loro belle, è stata sempre un soggetto d’impegni, alterchi, e non di rado, accoltellamenti.
- ↑ Enorme croce di carta-pesta, foggiata in due grossi tronchi d’albero nella loro rozzezza naturale.
- ↑ Gran gonfalone della Compagnia, portato a due aste.
- ↑ Corse voce che per causa della rissa accaduta fra i confratelli nominati alla nota 2, il Papa avesse abolito l’uso di dette due insegne.
- ↑ Dal fine.
- ↑ Teopisto.
- ↑ Svelto.
- ↑ Cionco.
- ↑ Gran crocifisso, addobbato, per solito da monache, di bende e di frangie.
Note
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