Questo testo è incompleto. |
◄ | Li Vescovi viaggiatori | La priscission der Corpus-Dommine | ► |
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834
COMPATÌMOSE1
È mmatta? E ttu cche jje faressi?2 Ar Monno
Tante3 teste sce sò ttanti scervelli.
E gguai si, bella mia, tutti l’uscelli
Conosscessino er grano,4 io t’arisponno.5
Er bell’e ’r brutto sai qual’è? ssiconno6
Che vvedémo li gruggni7 o bbrutti o bbelli.
Pe’ sta raggione, quer che vonno quelli
Tu pportelo a cquell’antri, e nnu lo vonno.
Mettemose8 una mano sopr’ar petto9
E vvederemo poi che de quell’arbero
Chi ppiù cchi mmeno oggnuno ha er zu’ rametto.10
E nun ze danno11 mojje accusì storte,12
C’hanno, in zeggno d’amore, er gusto bbarbero
D’èsse13 accoppate e bbastonate a mmorte?!
14 marzo 1834
- ↑ Compatiamoci.
- ↑ Che le faresti?
- ↑ Tante in luogo di quante.
- ↑ “Guai se tutti gli uccelli conoscessero il grano!„: proverbio.
- ↑ Ti rispondo.
- ↑ Secondo.
- ↑ L’uomo non ha mai volto: raramente viso: sempre faccia, grugno e muso.
- ↑ Mettiamoci.
- ↑ Cioè “esaminiamo noi stessi.„
- ↑ Intendi della pazzia.
- ↑ E non si dànno? ecc.
- ↑ Stravaganti, originali.
- ↑ Di essere.
Note
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.