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Fama per monti trasvolando, e mari Tre di Castalia Ninfe
Questo testo fa parte della raccolta Canzoni eroiche di Gabriello Chiabrera


XLIII

NELLA CREAZIONE DEL SERENISSIMO

ALESSANDRO GIUSTINIANO

DOGE DELLA REPUBBLICA DI GENOVA.

Scettro, che d’alme gemme aureo lampeggia
     Vibrar con nobil mano,
     E dettar leggi da superna reggia,
     È segno estremo al desiderio umano;
     5Ma non si biasma invano
     Talor l’altrui sentiero,
     Quantunque in terra a sommo onor pervegna,
     Cotanto uman pensiero
     S’accicca, e lume di ragion disdegna,
     10Quando è bramoso di reale insegna.
Chi è che dentro ingiurïosi assalti
     Sangue versar non goda;
     Purchè suo stato e che suo nome esalti?
     O chi paventa abbominevol froda?
     15Ma se ammirabil loda
     Di senno e di bontate
     Giammai la patria così forte accese,
     Che d’alta dignitate
     Sia co’ suoi voti al Cittadin cortese,
     20Chi più sublime e con più gloria ascese?
Or tu giugnendo fra’ civili affanni
     A singolar corona,
     Lieto rivolgi e consolato gli anni,
     Poichè pregio simíl non t’abbandona.
     25Odi, che il Ciel risuona,
     E che di gaudio impresso
     Ciascun s’affretta a venerar tua sede:
     Ed io lungo il Permesso,
     Sacro alle Muse, obbligherò mia fede,
     30Che altri non pose a te vicin suo piede.
Sento fremendo errare austri possenti;
     Musa, stringi le sarte,
     L’antenne abbassa, all’impeto de’ venti
     Prova è di senno veleggiar con arte;
     35Voci immense cosparte
     Per eccelsa virtute
     Svegliar son use per invidia il morso;
     Ma dalle labbra mute
     Il mortale valor non ha soccorso;
     40Dunque per altra via prendiamo il corso.
Anzi che in riva al Tebro esser secondo
     Fra i colli alti e famosi,
     Esser bramava il vincitor del mondo
     Primo fra’ gioghi Alpini aspri e nevosi;
     45O dolci, o venturosi
     Se alla tua sorte attendi
     Con esso me, Giustinïan, tuoi giorni;
     Fra’ boschi ermi non splendi,
     Regni d’orrori e d’ombre; i tuoi soggiorni
     50Veggo tra’ seggi a meraviglia adorni.
Ove son più bell’Albe in ciel sereno
     Od Esperi più chiari?
     Ove di Flora, e di Vertunno, o meno
     Ove son di Pomona i Numi avari?
     55Sul dorso ampio de’ mari
     Qui ti conduce a volo
     Cerere da lontan prore infinite;
     E dall’avverso polo
     Per onde, appena infra gli antichi udite,
     60Qui ti sparge tesor nuova Anfitrite.
Ma della nobil gente il pregio eterno
     A dir m’invoglia il core.
     Altri del Vatican siede al governo,
     D’ostro chiaro via men che di valore:
     65Altri supremo onore
     Già di Nettun ne i campi
     Ebbe, di più degn’Argo alto nocchiero;
     Altri fra nembi e lampi
     Scosse d’iniqui rubellante Impero,
     70Vibrando i tuoni del gran Giove Ibero
Dove corro io? di sì veraci lodi
     Per lo Ciel così puro,
     Ben potrei sulle piume in varj modi
     Per lunga via dedaleggiar securo;
     75Ma fren severo e duro,
     Che di bell’inno ai canti
     Picciolo spazio trasvolar consente,
     Fa ch’io non passo avanti,
     E torno a te, che di virtude ardente
     80Sei tanto Imperio a governar possente.
Teco fra noi la peregrina Astrea
     Oggi abitar destina,
     Sì la bilancia, onde ciascun si bea,
     Nella tua mano in nulla parte inchina;
     85Ma quando aura divina
     Fra cotante tempeste
     Colà securi ne rimena in porto,
     E da lume celeste
     In così folta notte abbiam conforto;
     90Da lui per grazia il tuo cammin fia scorto.

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