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XLIII
NELLA CREAZIONE DEL SERENISSIMO
ALESSANDRO GIUSTINIANO
DOGE DELLA REPUBBLICA DI GENOVA.
Scettro, che d’alme gemme aureo lampeggia
Vibrar con nobil mano,
E dettar leggi da superna reggia,
È segno estremo al desiderio umano;
5Ma non si biasma invano
Talor l’altrui sentiero,
Quantunque in terra a sommo onor pervegna,
Cotanto uman pensiero
S’accicca, e lume di ragion disdegna,
10Quando è bramoso di reale insegna.
Chi è che dentro ingiurïosi assalti
Sangue versar non goda;
Purchè suo stato e che suo nome esalti?
O chi paventa abbominevol froda?
15Ma se ammirabil loda
Di senno e di bontate
Giammai la patria così forte accese,
Che d’alta dignitate
Sia co’ suoi voti al Cittadin cortese,
20Chi più sublime e con più gloria ascese?
Or tu giugnendo fra’ civili affanni
A singolar corona,
Lieto rivolgi e consolato gli anni,
Poichè pregio simíl non t’abbandona.
25Odi, che il Ciel risuona,
E che di gaudio impresso
Ciascun s’affretta a venerar tua sede:
Ed io lungo il Permesso,
Sacro alle Muse, obbligherò mia fede,
30Che altri non pose a te vicin suo piede.
Sento fremendo errare austri possenti;
Musa, stringi le sarte,
L’antenne abbassa, all’impeto de’ venti
Prova è di senno veleggiar con arte;
35Voci immense cosparte
Per eccelsa virtute
Svegliar son use per invidia il morso;
Ma dalle labbra mute
Il mortale valor non ha soccorso;
40Dunque per altra via prendiamo il corso.
Anzi che in riva al Tebro esser secondo
Fra i colli alti e famosi,
Esser bramava il vincitor del mondo
Primo fra’ gioghi Alpini aspri e nevosi;
45O dolci, o venturosi
Se alla tua sorte attendi
Con esso me, Giustinïan, tuoi giorni;
Fra’ boschi ermi non splendi,
Regni d’orrori e d’ombre; i tuoi soggiorni
50Veggo tra’ seggi a meraviglia adorni.
Ove son più bell’Albe in ciel sereno
Od Esperi più chiari?
Ove di Flora, e di Vertunno, o meno
Ove son di Pomona i Numi avari?
55Sul dorso ampio de’ mari
Qui ti conduce a volo
Cerere da lontan prore infinite;
E dall’avverso polo
Per onde, appena infra gli antichi udite,
60Qui ti sparge tesor nuova Anfitrite.
Ma della nobil gente il pregio eterno
A dir m’invoglia il core.
Altri del Vatican siede al governo,
D’ostro chiaro via men che di valore:
65Altri supremo onore
Già di Nettun ne i campi
Ebbe, di più degn’Argo alto nocchiero;
Altri fra nembi e lampi
Scosse d’iniqui rubellante Impero,
70Vibrando i tuoni del gran Giove Ibero
Dove corro io? di sì veraci lodi
Per lo Ciel così puro,
Ben potrei sulle piume in varj modi
Per lunga via dedaleggiar securo;
75Ma fren severo e duro,
Che di bell’inno ai canti
Picciolo spazio trasvolar consente,
Fa ch’io non passo avanti,
E torno a te, che di virtude ardente
80Sei tanto Imperio a governar possente.
Teco fra noi la peregrina Astrea
Oggi abitar destina,
Sì la bilancia, onde ciascun si bea,
Nella tua mano in nulla parte inchina;
85Ma quando aura divina
Fra cotante tempeste
Colà securi ne rimena in porto,
E da lume celeste
In così folta notte abbiam conforto;
90Da lui per grazia il tuo cammin fia scorto.