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Atto secondo

Scena seconda
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Ippodamia, e Detto

 

Tieste

O madre, madre...

Ippodamia

Oh!... Tïeste!... se’ tu?

Tieste

Che fa? dì? vive
Erope?

Ippodamia

Erope? lassa!

Tieste

10Basta: intesi.
Erope è morta.

Ippodamia

No!...

Tieste

Vive?

Ippodamia

Sì, vive;
15E...

Tieste

Oh gioia! oh mio timor falso! – Nol credo:
Troppa hai di me pietà... spiegami il vero,
Madre, ten prego... Non temer...

Ippodamia

Tel dissi:
Erope vive.

Tieste

20... Ma morrà... deh! prima...

Ippodamia

Vaneggi, figlio, tu?

Tieste

Mal tu mel celi:
Il so purtroppo, il so. Feroce Atreo
Dannolla a morte.

Ippodamia

Chi tel disse?

Tieste

Argivo
25Uom mel disse a Micene.

Ippodamia

E falsa nuova
Egli ti disse; non è ver: chè Atreo
Ciò nemmen sel pensò.

Tieste

Pure giurommi. –
Ma non perciò del mio venir mi pento.

Ippodamia

E qual folle pensier pasci... Tïeste?...
30Come osasti venir?

Tieste

Erope mia
A liberare, od a morir. Or volge
Omai il quint’anno, che esule m’aggiro
Per le greche contrade, e con mentito
35Nome traggo i miei giorni; e spargo pianti
Dovunque io passo; e di gemiti e strida
Empio gli ospiti alberghi. Erope sempre
M’insegue; ed io?... Me misero! Rivolgo
Contro il mio petto il ferro; ella s’affaccia,
40E lo ritorce, e par mi dica: un solo
Avel ci accolga: e l’acciaro di mano
Mi strappa, e fugge. – La söave idea
Di rivederla mi trattenne, oh quante
Volte sul margo della tomba, in punto
45Che già volea precipitarmi! Al fine
Mendico e oscuro mi ritrassi in Delfo,
Vivendo in pianto.

Ippodamia

In Delfo! O figliuol mio!
E qual dio ti salvò? Tese t’avea
Il re insidie di morte.

Tieste

50E men’avvidi:
E i duo che d’Argo erano giunti, e tanto
Amici al sir di Delfo, io paventai.
Fuggii; giunsi in Micene; indi cacciommi
Pliste cognato al re. Scornato, afflitto,
55Abbandonato, senza fida e cara
Sposa d’amore e affettüosa madre
Volli tentar gli estremi... Avea già il piede
Volto ver Argo... allor che Agacle argivo
D’Erope sparse l’imminente morte.
60E qui venni e qui corsi, Erope mia
A liberare, od a morir.

Ippodamia

Mal festi:
Ch’è in suo proposto Atreo fiero, tremendo,
Inesorabil, duro: ira l’avvampa
65Contro di te; nol disse, è ver; gran tempo
È ch’ei non parla di vendetta; eppure
Tremo... Egli cova atri pensier: tu, figlio,
Fuggi, se cara è a te la mia, la vita
D’Erope e di te stesso.

Tieste

Invan scongiuri:
70È omai tutto risolto. Entrar le porte
D’Argo, troppo costava: or sonci, e mai
Non fuggirò, se pria meco non viene
Erope, o se con lei non vommi a morte. –
Ma tu mi dì: madre mi sei, qual fosti
75Un giorno a me? tu m’ami? o sei d’Atreo
Più schiava assai che genitrice?... schietta
Dillo; non simular: chè non è nuovo
Cessar d’amare i sventurati.

Ippodamia

E il chiedi?
Testimonj gl’iddii, che tanto acerbi
80Or son con noi, de’ miei sospir, del pianto
Furon essi dal dì che tu volgesti
Infausto il piè dalle paterne case.
S’io ti son madre? Ah! il tuo sospetto estingui,
E in me ravvisa Ippodamìa, la mesta,
85La sciagurata madre tua. Te chiamo
Nelle vegliate notti, e di te piango
Con Erope tuttor. Pur e’ m’è forza
Tremar, se a me veggioti appresso; io scelgo
Pianger senza di te, che strazio e morte
90Vederti. – Io ti son madre, e le mie cure
Siegui. Fuggi di qui: va dove i passi
Ed i fati ti portano.

Tieste

Tel dissi:
Io di qui non m’andrò. D’Atreo alle folte
95Spade, ed ai sgherri di rëal possanza
Petto opporrò magnanimo. M’è sacra
Morte pria vendicata, e m’è söave
Spirar su gli occhi d’Erope, ed in seno
A te, mia madre. – Ma qui assai parlammo.
100Benchè sott’altre vesti, io temo forte,
Che alcun mi scopra: or tu celami, e allora
Vedrò, che m’ami, e che sei madre in vero.

Ippodamia

(Numi! che m’inspirate?)

Tieste

I tuoi ritardi
Esser ponmi funesti: un certo asilo
105M’addita, e vien con Erope.

Ippodamia

O mio figlio!
Deh! lascia questa dolorosa calma
A due donne infelici. Erope appena
Teco sorpresa fu, vile ripudio
Ebbe dal sire, benchè un dì soltanto
110Delle nozze mancasse al giuramento.
Altro le avvenne... Ma l’istante e ’l luogo
Questi non sono: andiam... Vedi: del tempio
È l’atrio quello: ivì t’ascondi, e sta.
Null’uom vedratti; chè null’uom v’ardisce
115Di penetrar. Sino a domani i stessi
Non vi son sacerdoti; all’alba fuggi.
Ah! se pur sa che ivi tu se’, da Atreo
Rispettata non fia l’ara de’ numi.
Vanne... Se n’esci, sei perduto.

Tieste

120Madre,
Veder Erope almen...
Parte.

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