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Aristotele - Trattato dei governi
(Politica)
(IV secolo a.C.)
Traduzione dal greco di Bernardo Segni (XVI secolo)
Libro sesto - Capitolo XIV: Degli inganni, che sono nelle leggi degli stati dei pochi
Libro sesto - XIII Libro sesto - XV


E cinque a novero sono gli inganni, che lo stato dei pochi potenti per via d’occasione mette contro al popolo, e tali sono, cioè, intorno alla concione[1], intorno ai magistrati, intorno ai giudizî, intorno alla milizia, intorno all’arte gimnastica. Usanlo intorno alla concione con far lecito a tutti di ragunarvisi, ma con porre la pena ai ricchi se e’ non vi si ragunano, o a loro soli, o il doppio più che alli poveri. Nei magistrati col non permettere a chi ha censo grande di potergli renunciare, e bene ciò permettendo alli poveri. Ne’ giudizî con porre pena ai ricchi non giudicando, e a’ poveri perdonando, ovvero ponendo maggior pena ai ricchi, che ai poveri, siccome è nelle leggi di Caronda.

In certi luoghi s’usa, che li descritti si possino ragunare alla concione, e possino giudicare, e in caso che li descritti non si ragunino alla concione, e non giudichino, sono loro imposte pene gravissime. E tali siffatte sono state constituite, e acciocchè ei fugghino li popolari d’essere descritti, acciocchè non essendo descritti, e’ non abbino a giudicare, nè a ragunarsi alla concione. Un simile ordine tengono gli ingannatori del popolo circa l’arme, e circa l’esercizio dei giuochi, perchè alli poveri è lecito il non avere arme in sua masserizia, e alli ricchi, non le tenendo, è posta pena acerbissima. E così alli primi, se essi non s’esercitano ne’ giuochi, non ne va pena, e alli secondi sì. E questo è fatto, acciocchè li ricchi mediante la pena partecipino di tai cose, e li poveri per non temerne ne restino fuori. E questi sono gli inganni ritrovati dalle leggi de’ pochi potenti. Contra li quali lo stato popolare ancora egli va macchinando delle fraudi, con dare, cioè, salario alli cittadini poveri, che si ragunano alla concione, e che giudicano, e alli ricchi con non dar pena. Onde si vede, che chi volesse fare un buon mescuglio, doverrebbe raccorre insieme gli ordini dell’uno e dell’altro stato, e constituire a questi il salario, e a quegli le pene. E in tal modo tutti li cittadini vi verrebbono a convenire, che in quell’altro modo la republica viene ad essere d’una sola parte. Ma s’ella ha da essere d’una parte sola, ella ha da essere di chi tien l’arme. Quanto alla quantità del censo non si può dirlo a punto determinatamente, quanto e’ debba essere, ma debbesi, considerata la qualità, aggiugnervelo largamente, in tal maniera, che più venghino ad essere li partecipanti nel governo, che li non partecipanti.

Imperocchè li cittadini poveri, e degli onori non partecipanti stanno quieti, quando nessuno fa loro ingiuria, nè toglie niente del loro. E il servare questo è difficile, perchè e’ non interviene sempre mai, che li partecipanti del governo sieno li cittadini modesti. E suole essere in costume di questi stati nei tempi di guerra; che li cittadini vi stieno sollevati, se e’ non hanno da nutrirsi del publico, e massimamente quando e’ sono poveri, e se e’ sono nutriti, perciò interviene che e’ diventano desiderosi di guerre.

In certi luoghi lo stato è in mano non solamente di chi ha l’arme, ma ancora di chi l’ha già esercitate, che appresso dei Maliensi lo stato era nel modo detto, e li magistrati vi si eleggevano di quei cittadini, che esercitavano il soldo. E le prime republiche, che furono in Grecia dopo li regni, furono composte d’uomini, che esercitavano la milizia; la qual milizia da prima fu di cavalli, essendo allora la forza, e l’eccellenza della guerra nei cavalli, conciossiachè la fanteria senza gli ordini fusse disutile. I quali ordini[2], e esperienze intorno a ciò non s’erano ancora messe in atto in quei tempi, onde nella cavalleria era il nerbo della guerra. Ma cresciute che le città furono, e avendo preso più autorità quei che avevon l’arme in mano, maggior numero di cittadini venne a partecipare dello stato. Laonde quegli stati, che oggidì son chiamati republiche, dagli antichi furono chiamati stati popolari, che a dire il vero gli antichi governi ragionevolmente erono o di pochi potenti, o di regni. E ciò nasceva per il poco numero dei cittadini, che non lasciava niente, o poco nel mezzo. Laonde essendo pochi di numero, e avendo pochi ordini, e’ sostenevono più volentieri l’essere governati da altri.

Per quale cagione adunche si dieno più sorti di stato, e perchè ancora se ne dia oltre alle racconte, non essendo di una sola specie, dico, il popolare stato, nè similmente gli altri; oltra di questo che differenze egli abbino, e per che cagione elle vi accaggino; e ultimamente quale sia l’ottimo stato, che dire si possa maggiormente tale; e conseguentemente quale degli altri stati, che li conseguitano, sia buono a questo e a quell’altro popolo, di tutto s’è detto infino a qui.


Note

  1. Assemblée générale.
  2. La tattica.
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