< Trattato dei governi < Libro sesto
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Aristotele - Trattato dei governi
(Politica)
(IV secolo a.C.)
Traduzione dal greco di Bernardo Segni (XVI secolo)
Libro sesto - Capitolo XVI: Della parte de' magistrati
Libro sesto - XV Libro sesto - XVII


Dopo il membro consigliativo seguita a dire della divisione de’ magistrati, perchè questo membro di republica ancora egli abbraccia più differenze, quanti, dico, e’ sieno per numero, e di che cose e’ sieno padroni, e così del tempo, quanto e’ debbe essere per ciascun magistrato. Chè certi se ne fa per sei mesi, e certi per meno tempo, e certi per uno anno, e certi se ne fa per più lungo spazio. E così è da vedere se li magistrati si debbono fare a vita, o per lungo tempo; ovvero non è ben fargli nè nell’uno, nè nell’altro modo; o se e’ si debba li medesimi rifare più volte di magistrato, ovvero non si debba fare due volte il medesimo, ma una volta sola.

Oltra di questo è da vedere intorno alla constituzione d’essi di che sorte cittadini e’ debbino essere composti, e da chi, e in che modo. Imperocchè di tutte queste cose bisogna saper pigliare i termini, cioè in quanti modi e’ si possino fare, e di poi adattare quegli che sieno utili a questa e a quell’altra sorte di governo. Nè ancora è agevole a determinarsi quali sieno quei che si debbono dire magistrati, che sebbene la civile compagnia ha di molti, che la regghino, bisogno, non perciò tutti quei che si eleggono, o che si traggono, si debbono chiamare magistrati. Come è primieramente quello del sacerdozio, il quale si debbe porre per diverso dagli altri magistrati civili, e il simile si deve dire di quei che le pompe guidano alle feste[1], e dei banditori che s’eleggono, e così degli imbasciatori.

Perchè le cure civili sono o sopra tutti li cittadini per qualche faccenda determinata, com’è la cura del capitano degli eserciti, che è sopra li soldati, o elle sono sopra certi, come è quella di chi instruisce le donne, e li fanciugli. E altre sono appartenenti al governo di casa, conciossiachè molte volte si eleggeva un magistrato, che distribuisse il grano. E certe sono servili, sopra le quali quando li cittadini, che sono ricchi, vi sono eletti, essi prepongono i servi a tale ministerio. Propiamente adunche magistrati si debbono dire quegli, i quali hanno podestà di deliberare, e di giudicare certe cose, e di comandare. E questa parte è in essi la principale, perchè il comandare è più di tutti gli altri uffizio da magistrati. Ma tai cose in quanto all’uso non importano nulla per via di dire, perchè e’ non è ancora stata determinata la disputa del nome; ma è tale faccenda più da speculativa considerazione.

E qui è forse meglio di considerare quai magistrati, e quanti sieno necessari, se egli ha a essere la città, e quai le sieno bene necessari; ma non utili alla republica ottima. E così è me’ considerare di quei che sien buoni ad ogni republica, e massimamente alle città piccole; imperocchè nelle città grandi è lecito, e sta bene preporre un magistrato solo a una sola faccenda. E la ragione è, che assai cittadini possono essere capaci de’ magistrati per esservi di loro il numero grande. Onde sta bene dare i divieti lunghi in certi magistrati, e certi non sta bene mettere più d’una volta sola in un magistrato, e ciascuna azione si fa meglio, quando ell’è da una sola diligenza amministrata, che quando ell’è amministrata da più.

Ma nelle città piccole è di necessità ridurre assai magistrati in pochi, conciossiachè il poco numero de’ cittadini non patisca, che molti possino esservi dentro; imperocchè quai sarebbono poi i loro successori? È ben vero, che spesse volte ancora le città grandi, e le piccole hanno bisogno delle medesime leggi, e de’ medesimi magistrati; eccetto che le piccole hanno sovente bisogno delli medesimi, e le grandi in tempo lungo. Onde niente vieta, che a tali magistrati delle città piccole non si possa a un tempo stesso imporre molte faccende, perchè elle non impediscono l’una l’altra, anzi dove è poco numero di cittadini fa di mestieri di quei magistrati, che sieno come[2] lumi posti in su le lumiere.

Se e’ si potesse adunche raccontare quanti fussino di numero li magistrati, che debbono essere nelle città necessariamente, e quanti non vi debbono essere necessariamente; se ciò, dico, si potesse, e’ si potrebbe più agevolmente insieme raccorre quanti e quai magistrati si dovessino accozzare in un solo, ma e’ si convien bene non essere ignorante quai magistrati debbino essere quegli, i quali in un luogo possino amministrare più faccende, e di quai cose stia bene, che un magistrato solo sia padrone in ogni luogo: com’è verbigrazia dell’osservare il decoro, io dico, se in mercato sta bene, che ne sia uno, che quivi prenda la cura delle cose appartenenti al mercato, o altri in altri luoghi, o un medesimo in tutti i luoghi. O se i magistrati si debbin dividere secondo le faccende, o secondo gli uomini, io vo’ dire, se e’ si debbe proporne uno sopra il vestire, e ornamenti appartenenti a’ fanciugli, e un altro sopra il vestire, e ornamenti appartenenti alle donne.

O se li magistrati nelle republiche debbono essere differenti, secondo la differenza di ciascuno stato; ovvero nessuno ne debba essere differente per questo. Verbigrazia nello stato popolare, e de’ pochi, e negli ottimati, e nella monarchia, se in tali stati cioè li medesimi magistrati vi sono padroni, ovvero sono composti d’uomini pari, nè simili: ma di diversi sieno composti in diversi stati, com’è dire, che negli stati ottimati e’ sieno composti di cittadini eruditi; in quei de’ pochi di ricchi; in quei del popolo di liberi. Oppure ne sieno certi diversi di loro natura per la diversità d’essi magistrati. E certo è, che in alcuni stati li magistrati medesimi sono utili, e in alcuni no; perchè egli è dove si conviene fargli grandi, e dove si conviene fargli piccoli.

Contuttociò e’ si danno certi magistrati propî, com’è quello, che innanzi delibera le faccende, il quale non è da stato popolare, e il consiglio è da tale stato, perchè e’ bisogna, che e’ vi sia un certo magistrato, al quale sia a cura di consigliare innanzi sopra il popolo, acciocchè e’ non s’abbia a stare ozioso. E questo magistrato fia da stato di pochi, se e’ sarà composto di pochi. Ma quei che innanzi consigliano, per necessità bisogna che sien pochi di numero; onde sono eglino da stato di pochi potenti. Ma dove amendue questi magistrati sono quei che innanzi consigliano, egli ordinano la concione, la quale ha del popolare, e essi, che innanzi consigliano, e deliberano, hanno dello stato stretto. Ma in quegli stati di pochi si dissolve la forza del consiglio, dove il popolo stesso intendendo ogni cosa, d’ogni cosa vuole essere giudice.

E ciò suole accadere dove è utilità, o salario constituito a chi conviene alla concione, perchè tali uomini potendo starsi in ozio si ragunano spesso, e vogliono giudicare ogni cosa. Ma l’institutore de’ fanciugli, e delle donne, o se altro magistrato è, che abbia tal cura, ha dello ottimate, e non del popolare. E come è egli mai possibile, che le donne de’ poveri non vadino fuori? Nè ancora è da stato di pochi potenti, perchè le donne de’ cittadini di simile stato vivono in gran delizie. Ma di tai cose siene detto abbastanza.

Ma sforzianci di dire di nuovo della constituzione dei magistrati, e sappiasi che la differenza di questa cosa è in tre termini, i quali compresi, per necessità consegue, che tutti i modi s’intenderanno. Uno de’ tre termini è chi sieno li constitutori de’ magistrati. Il secondo di chi e’ sieno composti. L’ultimo in che modo e’ sieno composti. Di ciascuno di questi tre termini di nuovo sono tre differenze, perchè o tutti li cittadini creano li magistrati, o certi, e’ li creano di tutti, o di certi, cioè per via di chi abbia censo, o nobiltà, o virtù, o altra simil cosa, siccome avviene in Megara, dove ei si creano di quegli che insieme col popolo vanno a combattere. E l’ultima differenza è, ch’e’ si creino, e per elezione, e per sorte.

E queste tre differenze di nuovo sono combinate, cioè che certi magistrati sieno creati da tutto il popolo, e certi da certi, e che certi se ne creino di tutto il popolo, e certi di certi, e che certi se ne faccino per elezione e certi per sorte. Di ciascuna di queste differenze di nuovo saranno quattro li modi, cioè, o che tutti gli elegghino di tutti, o che tutti li tragghino di tutti, ovvero ch’e’ gli creino di tutti o dispersè, com’è dire di ciascuna tribù, e di ciascuna parte, e ciascuna compagnia, infino a tanto che e’ vada la creazione per tutto il popolo, ovvero che sempre ei si creino di tutto il popolo, ma parte in questo modo, e parte in quell’altro. All’altro membro, dove certi sono quei che creano i magistrati, dico, ch’e’ gli creano di tutto il popolo o per sorte, o e’ gli creano di certi per elezione, o e’ gli creano di certi per via della sorte, o certi ne creano in questo modo, e in certi in quell’altro. Io, dico, o che e’ ne creano certi di tutto il popolo per via d’elezione, o certi medesimamente di tutto il popolo per via della sorte: di modo che, fuori delle due combinazioni prime, li modi vengono ad essere dodici.

De’ quali due n’è che hanno del popolare, cioè che tutti creino di tutti per elezione, o per sorte; o per l’un modo, e per l’altro: cioè che parte se ne crei per sorte, e parte per elezione. E del membro, ove certi creano li magistrati o di tutti, o di certi, o per sorte, o per elezione, o per l’un modo, e per l’altro; io dico l’uno e l’altro, cioè, che certi si creino di tutto il popolo, e certi di certi. E per l’un modo e per l’altro intendo parte con la elezione e parte con la sorte; questo modo è, dico, da republica. Ma che certi di tutti parte gli creino parte per elezione, e parte per sorte o nell’un modo, e nell’altro, cioè certi per sorte, e certi per elezione, questo dico ha dello stato de’ pochi potenti, e più ne tiene ancora il modo, che è composto dell’uno e dell’altro.

E dove certi magistrati si creano di tutto il popolo, e certi di certi, tal modo è da republica ottimate, o dove parte se ne fa per elezione e parte per sorte. Ma dove certi si creano di certi, è modo da pochi potenti. E così dove certi sono eletti di certi, o tratti di certi, ma non in simile modo, e dove certi si creano di certi nell’un modo, e nell’altro. Ma dove certi sono creati di tutto il popolo, e dove tutti creano di certi con l’elezione, è modo da ottimati.

Tanti adunche sono li modi intorno ai magistrati, i quali si dividono nel modo detto secondo la differenza degli stati. E sarà manifesto dopo questo che magistrato sia utile a questo, o a quell’altro modo di vivere; e qualmente debbino essere fatte le loro creazioni, e qual debbe essere l’autorità d’essi magistrati, e di che natura essi sono. Io chiamo autorità ne’ magistrati, come è l’essere sopra l’entrate publiche, e sopra le guardie della città, perchè l’autorità è di più sorti, com’è quella sopra gli eserciti, e quella sopra le faccende mercantili, le quali sono differenti.


Note

  1. Les choréges. Còraghi.
  2. Ces instruments à plusieurs fins, qui servent en même temps de lances et de flambeaux.
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