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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834
UN ZEGRETO MIRACOLOSO
Sor Eluterio1 mio, tutti st’inferni
C’ardeno2 le scittà dda cap’a ffonno,
Succedeno pe’ vvia3 che li Governi
Ciànno4 gusto, e ssò lloro5 che li vonno.
E accusì ddopp’er primo viè er ziconno,
E oggni ggiorno diventeno ppiù eterni:
Quanno,6 senza spregà ttanti quinterni
De carta scritta, pò aggiustasse7 er monno.
Lo saperebbe8 io, sor Eluterio,
Er rimedio sicuro che ssan-brutto9
Rissetterebbe10 l’ossi ar cimiterio.
Eccolo in du’ parole assciutt’assciutto.11
Bbisoggnerebbe penzà un po’ ssur zerio12
A cquer che sse pò ffà ppe’ aggiustà ttutto.
20 aprile 1834
- ↑ Eleuterio.
- ↑ Che ardono.
- ↑ Pel motivo.
- ↑ Ci hanno.
- ↑ Sono essi.
- ↑ Quandochè.
- ↑ Può assestarsi.
- ↑ Saprei.
- ↑ Ex abrupto.
- ↑ Rassetterebbe.
- ↑ Netto e presto.
- ↑ Sul serio.
Note
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