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CAPITOLO XIX.
Una lunga fila composta di animali d’aspetto imponente, s’avanzava attraverso i ghiacci dirigendosi verso la costa.
Quantunque i buoi muschiati non abbiano le dimensioni mostruose dei bisonti delle praterie americane, sono delle splendide bestie, grosse e alte quanto i tori comuni, armate di corna più arcuate e d’aspetto più selvaggio in causa anche del fitto e magnifico vello, di color bruno, a riflessi giallastri, che scende, come un mantello, fino a terra, sicchè appena appena si possono scorgere i bianchi e robustissimi zoccoli.
Questi animali, che un tempo erano numerosi anche nel Canadà, ormai non si trovano più che sulle grandi isole polari o sui territori situati al nord della baia di Hudson.
Sembra che si siano perfettamente abituati ai grandi freddi, poichè si moltiplicano abbastanza bene e sfidano le terribili bufere di neve senza risentirne gran danno.
Al pari dei bisonti, sono emigranti e viaggiano continuamente per cercare i licheni ed i muschi dei quali si nutrono, non essendo riusciti ad abituarsi, come i cavalli islandesi, a nutrirsi di pesci.
La loro carne non sarebbe meno eccellente di quella dei buoi comuni se non sapesse di muschio, forse in causa del genere del loro nutrimento.
Se il canadese aveva dato ordine a Dik di fermare prontamente l’automobile, aveva avute le sue buone ragioni.
I buoi muschiati, al contrario dei bisonti americani che si lasciano massacrare senza quasi mai rivoltarsi, sono ombrosi come i bufali indiani, e se si credono minacciati caricano con furia irresistibile, a testa bassa, presentando le loro formidabili corna. Guai a chi ha la sventura di trovarsi sulla loro corsa!... Viene scaraventato in aria e poi finito a colpi di zoccolo.
La schiera che si avanzava sul golfo e che proveniva probabilmente dalla Terra di Baffin in cerca d’un rifugio migliore, si componeva di due dozzine d’animali, tutti adulti, senza piccini fra di loro.
Probabilmente erano tutti maschi, a giudicarne anche dallo sviluppo delle corna.
— Signor Gastone, — disse lo studente, il quale aveva già preso il suo mauser. — Lascieremo noi andarsene in pace quella splendida selvaggina che io non ho mai assaggiata, senza consumare una mezza dozzina di palle?
— Sono troppi, mio caro Walter, — rispose il canadese. — Voi ignorate la forza che posseggono quegli animali.
Una volta preso lo slancio non si arrestano più, e sarebbero capaci di guastare seriamente il nostro treno. È vero, Dik?
— Sono infatti terribili, — rispose l’ex-baleniere, il quale aveva accesa tranquillamente la sua pipa.
— Se provassimo, signor Gastone? — insistette lo studente. — Non sono che a quattrocento metri e siamo abili cacciatori.
Il canadese, che sapeva di che cosa fossero capaci quei bestioni, non meno terribili degli orsi bianchi, esitava, poi finalmente la passione del cacciatore lo vinse.
— Sì, disse. — Venire al Polo per non provare le forti emozioni della caccia sarebbe una sciocchezza.
Proviamo, Walter. Dopo tutto non getteranno in aria il nostro treno a colpi di corna.
Dik!... Armatevi anche voi di un fucile.
— Pronto, signore, — rispose l’ex-baleniere, il quale amava le forti emozioni non meno degli altri.
Mentre si dirigeva verso il carrozzone per prendere la grossa carabina da caccia, il canadese e lo studente erano balzati sul campo di ghiaccio, mettendosi in ginocchio l’uno accanto all’altro.
I buoi muschiati si erano già accorti della presenza di quel mostro a loro sconosciuto, ed avevano arrestata la loro marcia verso la spiaggia, disponendosi su una doppia fila, colle teste basse, come se si preparassero a caricare.
— Che siano veramente così terribili? — si chiese lo studente. — Ora lo sapremo. —
Si volse indietro. Dik giungeva in quel momento portando tre grosse carabine da caccia, già cariche.
— Per Giove!... — esclamò lo studente. — Che tutti i fulmini mi piombino addosso se questa sera non assaggerò un pezzo di bue polare.
Se sarà muschiato come un coccodrillo, tanto peggio per la cucina. —
Mirò con estrema attenzione e fece fuoco. Il canadese lo aveva subito imitato.
Un bufalo, fulminato da una o dall’altra palla, era caduto subito sulle ginocchia, mandando un lungo muggito.
Gli altri rimasero un momento come stupiti, forse un po’ spaventati da quei due spari che forse mai avevano uditi, poi con un insieme fulmineo si slanciarono a corsa sfrenata verso il treno, mentre il loro compagno si rovesciava pesantemente su un fianco, vomitando un torrente di sangue dalla bocca.
Dik aveva mandato un grido:
— Nel carrozzone, signori!... —
Il canadese e lo studente, prima di obbedire, vuotarono celeremente i serbatoi dei mauser colla speranza di arrestare la carica che diventava di momento in momento più fulminea, poi vedendo che le terribili bestie avanzavano, quantunque dovessero aver ricevuto non poche palle, poichè anche Dik aveva fatto fuoco, saltarono dentro il carrozzone, nella loro fortezza che nessun corno poteva certamente sollevare e rovesciare.
— E l’automobile? — gridò il signor di Montcalm.
— Lasciate fare a me, — rispose lo chaffeur, tornando precipitosamente indietro.
Un istante dopo un urlo interminabile lacerava l’aria. Essendo il motore sempre in funzione, Dik aveva aperto la valvola della sirena e le urla stridenti si succedevano con un fracasso infernale.
I ventiquattro o venticinque buoi muschiati che arrivavano a corsa sfrenata, udendo quelle note, si divisero in due piccole colonne, passando a destra ed a sinistra dell’automobile, senza osare di attaccarlo.
Probabilmente l’avevano scambiato per una belva terribile, qualche enorme orso di nuovo genere, di colore oscuro anzichè bianco.
Vedendo però il carrozzone, uno di loro vi si scagliò addosso con tanta furia che le sue corna attraversarono le tavole rimanendovi confitto.
Walter, che vegliava ad una delle piccole finestre, fu pronto a fulminarlo cacciandogli una palla nel cranio.
Gli altri, impressionati forse dallo sparo ed anche dalle urla laceranti della sirena che non dovevano cessare finchè vi era benzina nel serbatoio, ripartirono a corsa furiosa prima ancora che il canadese e Dik avessero potuto far fuoco, arrestandosi a cinque o seicento metri di distanza.
— Per tutti i centomila fulmini di Giove!... — esclamò lo studente. — Parola d’onore che non credevo questi animali così terribili.
Valgono bene gli orsi bianchi, signor Gastone.
— Se non sono peggiori, — rispose il canadese.
— Ed ora, ci assedieranno?
— Pare.
— Non sono che a mezzo chilometro, signor Gastone.
— A tale distanza non sarà facile abbatterli, anche perchè questi animali, al pari degli orsi bianchi, possono resistere a parecchie palle.
— Noi abbiamo commessa una vera corbelleria.
— Siete stato voi.
— Ed ora me ne pento.
— Troppo tardi.
— Per mille milioni di fulmini di Giove!.....
— Mettete pure dei miliardi, per ora la nostra situazione non cambierà.
— All’Università di Cambridge non si conoscono dunque i buoi muschiati? — chiese ironicamente Dik.
— No, solamente i montoni, e quando sono bene arrostiti, — rispose lo studente, ridendo.
Voleva dare forse del montone all’ex-baleniere? È probabile, ma il marinaio era troppo ruvido per capire.
Il canadese intanto aveva deposto il fucile ed aveva caricata la pipa.
— Che cosa fate, signor Gastone? — chiese Walter.
— Come vedete, mi accingo a fare una bella fumata.
— Ed i buoi?
— Lasciateli per ora nel loro muschio. Non avranno fretta di assalirci, ve lo dico io.
Guardateli: fingono di non accorgersi nemmeno della nostra presenza e sfondano il ghiaccio per cercarsi la colazione. —
Era proprio vero. Dopo quella carica furiosa, si erano improvvisamente calmati, ed a gran colpi di corna si erano messi a rompere la superficie gelata per cercare forse dei licheni che non dovevano certamente trovare, poichè sotto le loro zampe stava il mare.
— Se sprofondassero tutti? — disse lo studente.
— Uhm!... — fece il canadese. — Non saranno così sciocchi da prendere un bagno che è troppo freddo in questa stagione.
Non sono già degli orsi bianchi.
— E che abbiano proprio intenzione di tenerci prigionieri?
— Pare di sì, Walter.
— E noi aspetteremo i loro comodi? Ah no, per tutti i fulmini di Giove.
Signor Gastone, ho ancora in tasca tre dollari, gli ultimi. Volete che li giuochiamo?
— Contro chi? Contro i buoi muschiati?
— Io li giuocherò sulla canna del mio fucile. I mauser tirano ben altro che a cinque o seicento metri.
Io punto un dollaro su ogni palla.
— Ed io una sterlina, — rispose il canadese.
— Perderete.
— Vedremo.
— Ed io le mie tre pipe, — disse l’ex-baleniere.
— Vada anche per le vostre pipe, quantunque puzzino come se fossero passate attraverso di loro dieci piantagioni di tabacco.
— Sono ben cotte, signor mio, e perciò più pregiate.
— Le proveremo: io metterò contro ognuna tre bottiglie di gin che il signor di Montcalm mi addebiterà.
— Sì, Walter, — rispose il canadese, scherzando. — Avanti, signor campione del salto, se volete guadagnarvi anche il campionato del tiro al bersaglio.... bovino.
— Vi farò stupire, — rispose lo studente, imbracciando il fucile ed affacciandosi ad uno dei finestrini. — Quale scegliete signor Gastone?
— Quel bel maschio che ha il pelame macchiato di nero e le corna più lunghe di tutti.
Si presenta anche ottimamente per un bel tiro.
— A me, mio polso e miei occhi, — esclamò lo studente.
Puntò il mauser, mirando con estrema attenzione, poi dopo alcuni istanti rimbombava uno sparo.
Il bue muschiato che in quel momento stava rompendo il ghiaccio coi durissimi zoccoli, alzò bruscamente la testa, la scosse come per cacciar via un insetto importuno, poi riprese il suo lavoro come se nulla fosse avvenuto.
— Corpo di tutte le scarpe di Giove!... — esclamò lo studente al colmo della sorpresa.
— Toh!... Anche le scarpe dopo i fulmini!... — esclamò il canadese, scoppiando in una risata. — Signor campione di Cambridge, avete perduto uno dei vostri tre dollari.
— Eppure sono sicuro di averlo colpito.
— Non dico di no; vi faccio solamente osservare che il bue è ancora ritto sulle sue quattro zampe.
— Che i proiettili dei mauser abbiano perduta la tanta loro vantata penetrazione?
— Non lo credo affatto. Gli è che voi dovete aver colpito quell’animale in piena fronte e che la vostra palla ha dovuto per forza rimbalzare altrove.
Hanno le ossa dure, mio caro, i muschiati. —
L’ex-baleniere in quel momento si fece innanzi, dicendo con comica gravità:
— Signor mio, datemi la bottiglia che io ho vinto, così intanto l’assaggerò.
— Andate a prendervela all’inferno!... — gridò Walter, furioso.
— Niente affatto, vado a prendermela nella dispensa.
— Avete ragione, Dik, — disse ii canadese. — Servitevi pure: Walter più tardi me la pagherà.
— Mi rimangono ancora due dollari da giuocare, signor Gastone, — disse lo studente. — Io spero ancora di fare un buon affare, corpo di tutti i fulmini di Giove.
— Volete ricominciare?
— Diamine!... Con due palle posso andare molto lontano. —
Tornò ad imbracciar il fucile, allargò ben bene le gambe per prendere una posa rigida, mirò più a lungo di prima e lasciò partire il secondo colpo.
Questa volta il vecchio maschio fece un brusco scarto, alzando vivamente la testaccia e mandando un lungo muggito, ma rimase ancora ritto sulle sue zampe.
— Per tutte le code del diavolo!... — urlò lo studente. — Come va questa faccenda?
— Il diavolo ci ha messo una delle sue code ed io ho guadagnato un’altra bottiglia e salvata la mia seconda pipa, — disse Dik.
— Signor Gastone, ci capite nulla voi? — chiese Walter al canadese, che lo guardava ridendo.
— Anzi, ci capisco molto, mio caro Walter, e cioè che la vostra borsa si è alleggerita di un altro dollaro.
— Eppure anche questa volta ho colpito il bersaglio.
— Non lo nego.
— Sono dunque impastati coll’acciaio quei maledetti animali?
— Ve lo avevo detto che a grande distanza avreste sprecate inutilmente le nostre munizioni.
— Mi rimane ancora un dollaro.
— Giuocatelo.
— Ed una bottiglia che pagherò quando potrò.
— Io non sono un taverniere inesorabile. Vi concedo un credito illimitato.
— Che Dik mi berrà. A me, miei occhi: fermi i nervi, corpo d’un bue muschiato!... Si tratta di buttar giù un semplice bue, che diamine! e di guadagnare un campionato di tiro al bersaglio anche senza l’Università d’Oxford. —
Si era rimesso in posizione mantenendo il fucile in linea rigida. Le sue mani non davano nessuna vibrazione.
Un terzo sparo echeggiò, seguito da un hurràh fragoroso.
Il bue muschiato, colpito in qualche organo vitale, era caduto dapprima sulle ginocchia battendo pesantemente la testa contro la superficie gelata, poi si era rovesciato bruscamente su un fianco, rimanendo immobile.
Walter depose il fucile e stese la destra dicendo:
— Signor di Montcalm, date qui la vostra sterlina, e voi, mastro Dik, tirate fuori dalle vostre tasche una delle tre vostre pipe.
Questa sera vedrò se tirerà bene!...
— Adagio, amico, — disse il canadese, che rideva a crepapelle. — Gli affari sono affari, dicono i nostri vicini d’oltre S. Lorenzo.
Mi dovete due dollari e due bottiglie che da onesto mercante ve le metterò un dollaro ciascuna, quindi vi debbo cinque sole lire.
— Che ladroni sono i tavernieri canadesi! — esclamò lo studente.
— Prezzo del mercato. —
Un grande scoppio di risa chiuse la discussione. Nemmeno l’assedio dei terribili buoi muschiati aveva guastato il buon umore dei tre esploratori.
Essendo giunto il momento di far colazione, funzione molto importante che non volevano affatto trascurare, si misero tutti insieme intorno alla stufa per sgelare un zampone d’orso bianco e divorarselo appena arrosolato, dopo una zuppa fumante di pemmican con biscotti.
I buoi muschiati intanto, colla testardaggine della loro razza, continuavano a vigilare a cinque o seicento metri di distanza, decisi, a quanto pareva, a non lasciare il passo libero al treno, senza aver prima vendicato il loro compagno che pendeva sempre lungo il lato destro del carrozzone, colle corna confitte nel fasciame.