< Elogio della vecchiaia < VIII
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Capitolo ottavo: Abitudine e simmetria
VIII - La pipa VIII - La poltrona

Il giovane è vagabondo, versatile, amico del nuovo e dell’inaspettato.

Il vecchio è abitudianario e gode nel fare le stesse cose alle stesse ore, di rivedere le stesse persone allo stesso tavolino del caffé, di trovare al mattino sullo scrittoio ogni cosa all’usato posto.

Dall’ordine delle cose e del tempo egli trae un inconscio augurio, che anche in lui le funzioni tutte camminino regolarmente, che il pendolo misuri esattamente l’ordine dei suoi piaceri, delle sue occupazioni.

Il vecchio non ama le sorprese, perché sono per lui urti improvvisi, che gli danno una scossa troppo forte. Ama invece il ripetersi preciso delle stesse cose alle stesse ore; e quando l’appetito, la sete, la voglia di fumare lo chiamano all’ora consueta e precisa, egli è felice di constatare l’armonia perfetta di lui con le cose che lo circondano.

La simmetria vuol dire per lui salute, la puntualità nei ritrovi vuol dire galateo; il tic-tac del pendolo poi non dice a lui le desolanti parole, che mormorava all’orecchio del grande poeta americano: ever never (sempre, mai); ma proclama a voce sommessa, che l’ordine regna dappertutto: in cielo e in terra, in casa e fuori, nel territorio del suo lo come nella gran patria, di cui è cittadino.

Curar la simmetria, mantener l’ordine, sono occupazioni carissime e quotidiane del vecchio; son gioie che il giovane ignora quasi sempre e gode soltanto, quando una vecchiaia precoce gli toglie le allegrezze della propria età per dargli in cambio quelle della vecchiaia.

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