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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1833
ER MEDICO GGIACUBBINO
Sabbit’a ssera1 un medico todesco
In pubbric’osteria disse che ll’ossa
C’hanno aritròvo a Ssisi2 in quela fossa,
So3 dd’una donna, e nnò de San Francesco.
Io, sentenno4 sta bbuggera, me n’esco:5
“Bbravo, sor froscio6 mio: dìtela grossa.
Seguitate accusì, ssor pippa-rossa,7
Ch’un giorno poi ve8 manneranno ar fresco.9
Nun zapéte ch’er Papa, er Pap’istesso
Pe’ llegà la linguaccia a ttant’e ttanti,
Ha spaccato la crosce in zur proscesso?
C’è mmó ggnent’antro da risponne?10 avanti.
Questa vorìa11 sentì, cch’un Papa adesso
Nun conoschi ppiù ll’ossa de li santi.„
1 novembre 1833
- ↑ Sabato a sera.
- ↑ Ad Assisi.
- ↑ Sono.
- ↑ Sentendo.
- ↑ Prorompo dicendo.
- ↑ Nome dato in Roma a’ Tedeschi.
- ↑ Naso-rosso.
- ↑ Vi.
- ↑ In carcere.
- ↑ Rispondere.
- ↑ Vorrei.
Note
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