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A vvoi de sotto La governante der Governatore
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847

ER PADRONE PADRONE

     Era da un pezzo c’avevo annasato1
Ch’er zor padrone m’uscellava Ghita.
Dico: «Eccellenza, vado ar Caravita».2
Disce: «Va’ bbello mio: bbravo, Donato».

     Io m’agguatto in cuscina;3 e appena usscita
La padrona cór zu’ ganzo affamato,
Te li pijjo in gattaccia:4 «Ebbè? ch’è stato?».
Disce: «Ggnente... ggiucàmio5 una partita».

     Dico: «Me pare a mmé cche de sto svario
Se ne pò ffà de meno; e ste su’ vojje
Nun entreno ner conto der zalario».

     Disce: «Se pò ssapé che vve se ssciojje?6
Oh gguardatelo llì cche ttemerario!
Nun vò cche mmi diverti con zua mojje!».

23 dicembre 1837

  1. Subodorato, preso sospetto.
  2. Oratorio di divozioni notturne.
  3. Mi pongo in agguato, mi celo in cucina.
  4. Li prendo sul fatto.
  5. Giocavamo.
  6. Si può sapere che vi si scioglie?, cioè: «Si può sapere quali nuove idee vi montano?».

Note

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