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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1833
ER GALOPPINO1
Dico, pe’ ccristallino fino fino,2
Quanno ve n’anneressivo3 a ffà fotte?
Ma nun v’abbasta mai, eh sor paino,
De sgranà4 le mi’ povere paggnotte?
Viè ppe’ ddu’ ggiorni, e mmommó5 ssemo inzino
Da sei mesi e un po’ ppiù cche ggiorn’e nnotte
Me se ròsica l’osse crud’e ccotte,
Manco s’io fussi er fìo6 der Re Ppipino.
Disce: t’agliuto7 a ccosce8 l’ova-toste.9
E cquelle ch’arifate a la cassetta?10
E cquell’antre che vv’èrivo11 anniscoste?
Quest’è ccome er rosario de Ninetta,12
Quanno contempra13 l’agliuto de coste
De la Madonna a Ssant’Elisabbetta.14
27 ottobre 1833
- ↑ Il parasito.
- ↑ Questa frase è uno de’ trovati de’ cristiani scrupolosi per bestemmiare e non bestemmiare.
- ↑ Quando ve ne andreste.
- ↑ Di divorare.
- ↑ Or’ora.
- ↑ Il figlio.
- ↑ Ti aiuto.
- ↑ Cuocere.
- ↑ Gli uovi-duri.
- ↑ Che rifate al cesso.
- ↑ Quell’altre che vi eravate.
- ↑ Caterinetta.
- ↑ Contempla.
- ↑ Della quale Madonna è voce che stesse tre mesi con suo marito mangiando e beendo alle spalle di Zaccaria.
Note
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