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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1833
LO SCALIN DE RÚSPOLI1
E aringrazziam’Iddio: mancozimale.2
Oh ttiette3 poi dar rinegà la fede!
Ciavemio4 quer boccon de marciapiede
D’affittacce5 le ssedie er Carnovale;
Nonziggnóra: viè6 er Zagro tribbunale
De le strade, e cch’edè?7 cce vô ffà ccrede,8
Perché la ggente nun ze metti a ssede,9
Ch’er Corzo10 come stava stassi11 male.
E ssubbito, aló,12 mmano a li picconi,
E pper aria sto povero scalino.
Perché ppoi? pe ingroppà13 cquattro maggnoni.
Ma inzinenta14 a li serci15 e ar travertino
S’ha da roppeje16 a Rroma li cojjoni?
Ah! ppe cquer cristo, è un gran porco distino!
27 ottobre 1833
- ↑ Fra i molti scalini che deturpavano la via del Corso di Roma, è celebre quello che ricorreva lungo tutto il palazzo Ruspoli. Ivi affluiva in carnevale il maggior concorso di maschere: ivi accadevano le più rumorose scene di que’ giorni di baccanale: ivi finalmente era il centro de’ famosi moccoletti. Ora è scomparso per la nuova livellazione di quella contrada, che apparisce fiancheggiata di bassi e tutti uniformi gradini. ["Questo scalino era un marciapiede alto circa 70 centimetri dal piano del Corso. Su di esso stava una fila di sedie di paglia, che venivano ad occupare le signore mascherate. La gente che passeggiava davanti allo scalino, si trovava così ad averle ad un’altezza infinitamente comoda, per far conversazione più o meno intima e segreta, secondo le disposizioni delle parti. È chiaro che v’era un solo ostacolo da superare, a chi desiderasse aver un colloquio con una signora invisibile il resto dell’anno: riconoscerla allo scalino. Mi ricordo in questo genere aver eseguito in certa occasione un vero tour de force di diplomazia. Mi trovavo appunto con un gran desiderio di parlare un po’ con comodo con una signora, alla quale non ero presentato. Riuscii ad essere informato che volendo essa il giovedì grasso andare al famoso scalino, cercava un mantello da uomo, tondo, senza maniche, come usavano allora; e tanto m’andai ingegnando, che riuscii a farle giungere nelle mani e scegliere il mio, senza che sapesse di chi fosse. Così la difficoltà d’incontrarla cadde da sé. Questo scalino è dunque il terreno neutro sul quale s’incontrano, s’imbrogliano, o s’accomodano i mille interessi della vita amorosa.... A poter sollevare il velo — che copriva i misteri dello scalino, se ne sarebber vedute della belle.„ D’Azeglio, I Miei Ricordi, cap. XXIII.]
- ↑ Manco-male: ironia di va-bene.
- ↑ Tienti.
- ↑ Ci avevamo.
- ↑ Da affittarci.
- ↑ Viene.
- ↑ E che è?
- ↑ Ci vuol far credere.
- ↑ A sedere.
- ↑ Che il Corso.
- ↑ Stasse.
- ↑ Colla o chiusa: l’allons dei francesi.
- ↑ Per arricchire.
- ↑ Insino.
- ↑ Selci. [Quelle piccole pietre riquadrate, con cui son selciate le strade di Roma.]
- ↑ Rompergli.
Note
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