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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1833
ER LETTO
Oh bbenedetto chi ha inventato er letto!1
Ar Monno nun ze dà ppiù bbella cosa.
Eppoi, ditelo voi che sséte sposa.
Sia mille e mmille vorte bbenedetto!
Llì ttra un re de corona e un poveretto
Nun c’è ppiù regola. Er letto è una rosa
Che cchi nun ce s’addorme s’ariposa,
E ssente tutto arislargasse2 er petto.
Sia d’istate o d’inverno, nun te puzza:
Pôi stacce3 un giorno e nnun zentitte4 sazzio,
Ché ar monno sc’è ppiù ttempo che ccucuzza.
Io so cc’appena sciò5 steso le gamme,6
Dico sempre: Signore t’aringrazzio;
E ppoi nun trovo mai l’ora d’arzamme.7
Roma, 18 febbraio 1833
- ↑ Questo verso, purificato qui al modo romanesco, è di Giulio Perticari, nella Cantilena di Menicone Frufolo. Il Cervantes disse in lingua sua le stesse parole in lode del sonno.
- ↑ Riallargarsi.
- ↑ Starci.
- ↑ Sentirti.
- ↑ Ci ho.
- ↑ Gambe.
- ↑ Alzarmi.
Note
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