Questo testo è incompleto. |
◄ | La chiacchierona | Er fico fresco | ► |
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847
ER MARITO ASSOVERCHIATO.
Gode, gode,1 caroggna bbuggiarona.
Bbrava! strilla un po’ ppiù, strilla ppiù fforte.
Troja, fàtte2 sentì: vva’, pputtanona,
Spalanca le finestre, opre3 le porte.
Mó è ttempo tuo: oggi vò a tté4 la sorte.
Scrofa, lassela fà5 ssin che tte sona.
’Na vorta ride er ladro, una la corte;
E la cattiva poi sconta la bbona.
Te n’ho ppassate troppe, foconaccia:6
Ecco perchè mm’hai rotta la capezza,
Vacca miggnotta, e mme le metti in faccia.
Ma schiatterà er tu’ porco de prelato,
E allora imparerai, bbrutta monnezza7
Cosa vò ddì un marito assoverchiato.
18 marzo 1834
- ↑ Godi, godi.
- ↑ Fàtti.
- ↑ Apri.
- ↑ Vuol te.
- ↑ Lasciala fare.
- ↑ Questo nome corrisponde nel senso a tutti gli altri titoli, de’ quali questo povero marito onora la sua buona moglie.
- ↑ Immondezza.
Note
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.