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Chi fa, ariscéve Le gabbelle de li turchi
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1836

ER RITORNO DA CASTERGANDORFO1

     Circa a vventitré e un quarto er Padre Santo
S’affermò a bbeve2 a Ttor de mezza via;3
Poi rimontò in carrozza e ffesce4 intanto:
“Sù, ggiuvenotti, aló,5 ttiràmo via.„

     Me crederai, si6 tt’aricconto in quanto
Arrivò a Rroma? Ebbè, a la vemmaria
Gia stava a ccasa e sse tieneva accanto
Er zolito bucal de marvasia.7

     Era tanto quer curre scatenato,
C’a Pporta San Giuvanni lo pijjòrno8
Per un Zommo Pontescife scappato.

     E mmo averessi9 da vedello adesso,
Come ride ar zentì10 cquanti in quer giorno
Pissciòrno sangue pe ttenejje11 appresso.12

31 ottobre 1836


  1. Castel Gandolfo, sul Lago Albano: villeggiatura ordinaria dei Papi. [Dal Diario di Roma, e dal Diario inedito del principe Agostino Chigi, che si conserva nella Chigiana, rilevo che Gregorio XVI parti per Castel Gandolfo il 17 ottobre 1836,
  2. Si fermò a bere.
  3. Osteria e posta. [A metà della nuova Appia tra Albano e Roma, cioè a circa otto miglia dall'una e dall'altra. C'è poi un'altra Torre di mezza via, a mezza strada tra Roma e Frascati.]
  4. [Fece]: disse.
  5. Viene dal francese allons.
  6. Se.
  7. [Il solito boccale, poco più di due litri, di] malvasia. Qui il nostro romanesco è male informato. Doveva dire: marsala.
  8. Pigliarono.
  9. Avresti.
  10. Al sentire.
  11. Tenergli.
  12. [Il Qualterio, che pure trova in Gregorio XVI parecchie lodevoli qualità, dice però che era "ignaro d'ogni affezione„ e "triviale negli scherzi, appresi nell'educazione claustrale.„ Gli ultimi Rivolgimenti Italiani; 2a ediz.; Firenze, 1852; vol. IV, pag. 333-34.]

Note

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