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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847
FACCHE E TTEREFACCHE1
Quella bbocca a ssciarpella,2 che a vvedello3
Pare un spacco per dio de callarosta,4
Oppuramente5 er buscio6 de la posta,
O er culetto de quarche bberzitello;7
E nun ha avuto mo la faccia tosta8
De chiamamme9 carnaccia de mascello?
Ma io nun dubbità cche llì bberbello10
j’Ho detto er fatto mio bbotta-e-rrisposta.
Quanno ha ssentito er nome de le feste,11
Lui è rrimasto un pizzico de sale:12
Ché lo sa cchi è sto fusto,13 si ho le creste.14
Oh vvedi un po’! nnun ce sarebbe male!
Ma ffa’ cche vvienghi15 a scaricà le sceste,16
Te lo fo ttommolà17 ggiù ppe’ le scale.
Terni, 4 ottobre 1830
- ↑ Fac et refac: La compensazione.
- ↑ Bocca torta.
- ↑ Vederlo.
- ↑ Caldarrosto.
- ↑ Oppure.
- ↑ Il buco.
- ↑ Ragazzo.
- ↑ La sfrontatezza.
- ↑ Di chiamarmi.
- ↑ Belbello.
- ↑ Dare altrui il nome delle feste: ingiuriarlo.
- ↑ È rimasto avvilito.
- ↑ Chi sono io.
- ↑ Se sono irritata.
- ↑ Venga.
- ↑ Scaricar le ceste: qui per...
- ↑ Tombolare.
Note
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