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La proferta Facche e tterefacche
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847

LI COMPARATICHI

     Dìmme che nun zò Ppeppe si a cquer tufo
Nu jje fo aricacà quer che mme maggna.
San Giuanni peddìo nun vò tracagna.1
Credeme, Titta2 mia, propio sò stufo.

     Si la Commar Antonia io me l’ingrufo,
Lui perchè fa lo sscioto3 e ppoi se laggna?
Chi er cane nu lo vò ttienghi la caggna:
uNa cosa è cciovetta, e un’antra è ggufo.

     Ma cquello vò confonne Ottobre e Mmarzo,
Sammaritani, scribbi e ffarisei,
Per avé sempre lesto er carciofarzo.4

     Io pago la piggione a llui e llei,
Io je do er tozzo, io li vesto, io li carzo,
E llui me vô scoccià lli zzebbedei.5


Terni, 4 ottobre 1830

  1. San Giovanni battezzatore di Cristo è il protettore dei comparatichi. San Giuvanni non vò tracaggna, cioè «Fra compari non deve entrar fraude».
  2. Giovanbattista.
  3. Il semplice.
  4. Mala azione.
  5. Vedine il senso nel son. n. ...

Note

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