Questo testo è incompleto. |
◄ | Chi rrisica rosica | Li comparatichi | ► |
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847
LA PROFERTA
Bella zitella, fu tteta o fu ttuta?1
Chi v’ha mmesso la cavola a la bbotte?
Accapo ar letto mio tutta sta notte
V’ho intesa tritticà2 ssempre a la muta.
Eh, un’antra vorta che vve sii vienuta
La vojja d’ariocà3 cco cquattro bbôtte,
Ditelo a mmé, cchè jje darò la muta
Pe’ ccompità con voi F, O, T, fotte.
Er mi’ cavicchio nun è ttanto struscio,4
Che nun pôzzi servì (ssarvo disgrazzia)
Pe’ bbatte sodo e ppe’ atturavve er buscio.
E cciaverete poi de careggrazzia,
Doppo sentito come sgarro e scuscio,
De vienimme a rrichiede5 er nerbigrazzia.
Terni, 10 settembre 1830 - De Pepp’er tosto
- ↑ Tèta è un accorciativo di Teresa, e Tuta di Geltrude. Pronunziati con la voce fu, n’esce un suono equivoco onde si fa sarcasmo verso qualche donna creduta, ecc.
- ↑ Tremolare.
- ↑ Ripetere il giuoco.
- ↑ Logoro.
- ↑ Di venire a richiedere.
Note
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.