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Traduzione dal latino di Anonimo (1884)
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CCLXIII
Meravigliosa compensazione fra penitente e confessore.
Un tale, o sul serio o per ingannare il prete, andò da questo, dicendogli che voleva confessare i suoi peccati. E invitato a dire ciò che si ricordasse, disse che aveva rubata non so che cosa di nascosto ad un altro, ma aggiunse che quello aveva molto più rubato a lui. E il sacerdote: “Una cosa, disse, si computa coll’altra e siete pari.” Poi aggiunse che aveva bastonato qualcuno, ma che aveva ricevuto anch’egli qualche colpo; e nella stessa guisa, disse il prete, che uguale era la colpa e la pena. E avendo nello stesso modo parlato di molte cose, il sacerdote dissegli che una cosa coll’altra si compensava. E il penitente: “Ora, disse, rimane un peccato del quale mi vergogno ed arrossisco, con voi specialmente che ne siete offeso.” E avendolo il sacerdote esortato a lasciar la vergogna e a dire liberamente dove avesse peccato, egli resistette lungamente, poi mosso dall’insistenza del sacerdote: “Io, disse ho avuto tua sorella.” “Ed io, disse il prete, ho più
volte avuta tua madre, e come per le altre cose, l’una compensa l’altra.” E per questa eguaglianza di peccato lo assolse.