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Traduzione dal greco di Angelo Maria Ricci (1824)
III secolo a.C.
Questo testo fa parte della raccolta Le odi di Anacreonte e di Saffo


INNO A VENERE.


Da Callimaco.


O santa Dea che l’etere
     E il mare informi e il mondo,
     Che tutto avvivi ed agiti
     4Di un dolce ardor fecondo;
Te gli amorosi passeri
     All’ospitai Citera
     Guidar su conca argentea
     8Dalla natia tua spera.
A te le donne Ciprie,
     Per trionfale omaggio,
     Il terso speglio offrirono,
     12Caldo del tuo bel raggio.
Madri e donzelle Gnidie,
     Succinte in bianca veste,
     Su i casti altar chiamarono
     16Te Venere celeste.
Te dai boschetti taciti
     La bruna pastorella,
     E te la plebe indocile
     20Dea popolare appella.

Te la trilustre vergine,
     Con voce incerta e fioca,
     Tra i mal repressi palpiti,
     24Diva nuziale invoca.
Tu con soave imperio
     Aggioghi uomini e Dei;
     Tu disarmasti il massimo
     28Giove negl’antri Idei,
Quando su i lenti talami
     Dormìa tranquillo il Nume,
     E ne lambìa la folgore
     32Le invïolate piume.
Tu, santa Dea, tu l’animo
     D’un mite ardor m’infiamma;
     Sarebbe un cor che palpita
     36Poc’esca a maggior fiamma.
Altro non chieggo, o Venere
     Rendimi a te devoto;
     Saria per maggior titolo
     40Forse imprudente il voto.

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