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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835
LA CRATURA IN FASSCIÒLA
Bbella cratura! E cche ccos’è? Un maschietto?
Me n’arillegro1 tanto, sora Mea.
Come se2 chiama? Ah, ccom’er nonno: Andrea.
E cche ttemp’ha? Nnun più?! Jjeso! eh a l’aspetto
Nun mostra un anno? Che ggran bell’idea!
Quant’è ccaruccio llì cco cquer cornetto!3
Lui mó sse penza de succhià er zucchietto,4
La ghinga,5 o er cucchiarin de savonea.
Vva’, vva’, vva’,6 ccome fissa la sorella!
Nun pare vojji dijje7 quarche ccosa
Co cquella bbocchettuccia risarella?
Nun ho mmai visto un diavoletto uguale.
Dio ve lo bbenedichi, sora sposa,
E vve lo facci presto cardinale.
26 gennaio 1835
- ↑ Me ne rallegro.
- ↑ Si.
- ↑ Si suole appendere al petto de’ bambini, mercé una catenella di argento, un cornetto o di pietra dura o di corallo, che eglino vanno sempre tenendosi per la bocca e biascicando. Così pure vi si aggiunge un cerchiolino d’avorio, detto volgarmente la sciammella (ciambella), sul quale i bambini si arruotano le gengìe verso il tempo della dentizione. Alcune madri uniscono a tuttociò un campanelluzzo di argento.
- ↑ Zucchero involto e legato entro un pezzetto di pannolino.
- ↑ Mammella.
- ↑ Come dicesse: “ve’, ve’, ve’,.„
- ↑ Voglia dirle.
Note
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