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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835
LA CRUDERTÀ DE NERONE
Nerone era un Nerone,1 anzi un Cajjostro;
E ppe’ l’appunto se chiamò Nnerone
Pell’anima ppiù nnera der carbone,
Der zangue de le seppie, e dde l’inchiostro.
Quer lupo, quer canìbbolo,2 quer mostro
Era solito a ddì nnell’orazzione:
“Dio, fa’ cche tutt’er Monno abbi un testone,
Pe’ ppoi ghijjottinallo a ggenio nostro.„
Levò a fforza er butirro3 a li Romani,
Scannò la madre e ddu’ mojje reggine,
E ammazzò ttutti quanti li cristiani.
Poi bbrusciò Rroma da piazza de Ssciarra
Sino a Ssanta-Santòro,4 e svenò arfine
Er maestro co’ ttutta la zzimarra.
26 agosto 1835
- ↑ Di qualunque uomo d’animo crudele dicesi: È un Nerone.
- ↑ Cannibale.
- ↑ Allude allo morte di Burro.
- ↑ Il Santuario di Sancta-Sanctorum, alla estremità meridionale di Roma, dove si conserva il Volto-Santo.
Note
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