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CANTO III
Coliseo pastorale — Representazione della creazione angelica
Tra molte doti e grazie di natura,
donate a’ campi ebrei, bastar potea
d’ogni stagion la sempre mai verdura.
Giá Dio senza cagion non promettea
5sovente al popol suo quel bel paese,
che miele a’ suoi cultori e latte crea.
Ecco la notte del piú freddo mese,
notte ventesmaquarta di decembre,
un vivo aprii di frondi e fior mi rese,
10Luoco non vidi mai, né mi rimembre
né lessi in carte, né altri mi narráro,
che di pastor al Coliseo rassembre;
io dico che potesse stargli a paro
di vaghezza non pur, ma d’arte e quanto
15mai gli architetti al mondo fecer chiaro:
non le superbe altezze, dianzi vanto
di ponti, bagni, templi, amfiteatri,
né le ben finte stanze per incanto;
o quanto meglio i nostri antichi patri
20per alabastri, serpentini e marmi
sfrondaron selve in porre i lor teatri.
Onde con veritá potrò lodarmi,
ovunque sia, di non aver mai visto
luogo si intiero, e udito si alti carmi:
25carmi cantati a gloria dell’acquisto
fatto da noi, banditi al cieco inferno
dal giá gran tempo a noi promesso Cristo.
Andato dunque il di che dell’inverno
il mezzo tien, e quella notte amena
30che vide in mortai carne il Sol eterno.
io, lieto entrando alla ritonda scena
che su da mille e cento braccia gira,
stetti per gran stupor nei sensi appena.
Qui il ciel tutto verdeggia e un fiato spira
35d’odor d’aranci, cedri e limoncelli,
che fingon sparse stelle a chi ben mira.
Le sponde e le pareti, d’arboscelli
e cespi sempre verdi d’ogni sorte,
levan il vanto ad aghi ed a pennelli.
40Due son, ond’entra il popolo, le porte,
ed evvi, ornai entrato, un cerchio assiso
nel catafalco a gradi ordito e forte.
Lume di molte cere, a cui diviso
sta l’alto tetto in un spiraglio tondo,
45a tutti scopre chiaro il paradiso.
Tutti i pastori, c’hanno il capo biondo
la maggior parte, e d’una fascia cinto,
trovansi all’atto di crear il mondo.
Dall’altro il sesso femminil distinto
50stavvi per onestá, né può vedersi
chi d’esse ha volto vero ovver dipinto;
anzi piú che leggiadri gli hanno e tersi,
piú le pudiche per onor e zelo
in tele avvolti ’i tengono ed immersi.
55Io presso al gran pastor del bianco pelo
in un degli altri piú levato scanno
guardavo fisso intorno e verso il cielo.
Tutti con gran silenzio intenti stanno;
ed ecco il finto cielo s’apre e seca,
60e le due parti quinci e quindi vanno.
Una gran massa nebulosa e cieca
di su calando tacita pian piano
alto stupore alli guardanti reca.
Allor mia mente corse al globo vano
65del caos, ch’ebbe nel capace grembo
quanto prima formò di Dio la mano.
Piú sempre e piú gonfiavasi quel nembo,
che d’umor s’empie e cresce a poco a poco
in fosca nebbia con fiammato lembo.
70Giá n’era pregno il vacuo di quel loco,
quando repente ad una chiara voce
ruppe quel ventre ed avvampò gran fuoco.
Non sparan fiamme e tuono piú veloce
metallo alcun da ròcca o armata nave,
75o quel del ciel ch’a lauro mai non nuoce,
come quel corpo ha la parola grave,
che disse: — Fia la luce! —s’apre e sferra:
restan le fiamme e vanno l’ombre cave.
Piú d’un de’ spettatori andáro a terra
80in quel gran scoppio, e poscia dolci accenti
di melodia l’aperto ciel disserra.
Alzo la mente e gli occhi insieme attenti :
odo d’umane voci concordanza
con lire giunte, flauti e piú strumenti.
85Quivi un Dio padre, in mezzo all’onoranza
di spiriti e sostanze allor create,
pende, elevato e sopra tutti avanza.
Rote di cherubin dense e infiammate
con numerosi giri e danze altiere
90muovono intorno a tanta maiestate;
vanno disgiunte innanzi e dietro schiere
d’angioli, Potestá, Virtuti e Troni
ed altri d’altre qualitadi e spere.
De’ primi l’ordinanza fino ai noni
95(ché nove son di tutti lor le squadre),
tien nove capi e splendidi baroni.
Il primo è Lucibèl, che sue leggiadre
fattezze ha sopra gli altri e piú riluce,
ché piú s’appressa sempre ai rai del Padre.
100Poi vi è di Dio Fortezza, chiaro duce
d’un giunto a lui esercito, se mai
fia chi rubelli a quell’eterna luce.
Sta Gabriel con modi onesti e gai
pronto del suo Signore ad esser noncio,
105ed ha di perle ed òr pennati i rai.
Vi è quel dal nome al medicare acconcio,
qual volta o questa o quella gente caggia
di lame, guerra e peste in qualche sconcio.
Ed Uriel non men degli altri raggia,
110forte compagno, e nuda tien la spata;
batte chi Dio biaslema e chi l’oltraggia.
Sembianza grave, appariscente, ornata
rispondevi d’uti altro, il qual, orando,
l’orazion fa con bel dir piú grata;
115e quel, che ha propria cura e studio quando
remunerar si debbe i merti altrui,
ch’or manda in ciel, or nell’eterno bando.
Anco vi è Barchiel, le imprese cui
preste fian sempre in dar soccorso all’alme
120che non caggian da luce a’luoghi bui.
L’ultimo, apportator d’allori e palme
a chi mai dureranno ne’ conflitti,
ripon in ciel molte onorate salme.
Stavano in quelle gioie assorti e ritti,
125sponendomi fra tanto il buon pastore
gli ordini, nomi e qualitá c’ho scritti.
Di bianco, verde ed ogni bel colore
spiegando l’ale ornate la piú parte,
lodan cantando il sommo Imperadore;
130parte ancor, finta con mirabil arte,
di volti di fanciulli tra quattr’ale,
di stucco fatte e rappicciate carte;
ma tanto presso al vero e naturale,
che solo il fiato alle lor bocche manca
135per far con gli altri il canto musicale.
Quell’alto padre alla man destra e manca
raggi splendenti avea di tanto acume,
ch’ogni vista mirando vi era stanca:
or che sarebbe al ver divino lume?