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LXVII. Como l’anema se lamenta de l’amore diuino partito
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Como l’anema se lamenta de l’amore diuino partito.          .lxvij.


     AMor, dilecto amore,       perché m’ài lassato, amore?
Amor, di’ la cagione       de lo tuo partimento,
     che m’ài lassata afflicta       en gran dubitamento.
     se da schifeza èi uento,       uogliote satisfare;4
     s’io me uoglio tornare,       non te ne torne, amore?
Amor, perché me desti       nel cor tanta dolceza,
     da poi che l’ài priuato       de tanta alegreza?
     non chiamo gentileza       hom che dà & artoglie;8
     s’io ne parlo co folle,       io me n’ò anuito, amore.

Amor, tua compagnìa       tosto sì m’è falluta,
     non saccio dó me sia,       facendo la partuta;
     la mente mia smarruta       ua chedendo l dolzore,12
     che gli è furato ad hore       che non se nn’è adato, amore.
Amore, hom che fura       ad altri gran thesoro,
     la corte sì lo piglia,       fagli far lo ristoro;
     denante a la corte ploro       che me faccia ragione16
     de te, grande furone,       che m’ài sottracto, amore.
Amor, lo mercatante,       ch’è molto pregiato,
     et nascoso fa l sottracto       a chi li s’è tutto dato,
     da poi che è spalato,       perde la nomenanza;20
     on hon ha dubitanza       de credergliese, amore.
Amor, li mercatanti       ch’àn facta compagnìa,
     et l’un fa li sottracti,       non li se par chi sia;
     tutta moneta ria       lassa nello taschetto,24
     la bona se n’à scelto,       sì la rapisce, amore.
Amor, hom ch’à mercato       et uendolo uolentire,
     uedendo quel che brama,       deue da lui fugire?
     non lo deuerìa dire:       io uogl uender mercato?28
     et en cor tien celato       che nogl uol dar, amore.
Amor, lo tuo mercato       era tanto piacente,
     nol m’auessi mostrato,       non sirìa sì dolente;
     lassasteme ne la mente       la lor remembranza,32
     facestilo a sutiglianza       per farme morir, amore.
Amor, hom ch’è ricco       et ha moglie narrata,
     tornagli a grande honore       s’ella ua mendicata?
     riccheza hai smesurata,       non troui a chi ne dare,36
     et pòimene satisfare       & non par che l facci, amore.
Amor, tu sè mio sposo,       haime per moglie presa,
     tórnate a grande honore,       uetata m’è la spesa?
     sommete en mano mesa       et haime en le tue mane;40
     la gente desprezata m’ane,       sì so denigrata, amore.
Amore, chi mostrasse       lo pane a l’afamato,
     et nolli uolesse dare,       or non sirìa blasmato?
     da poi che l m’ài mostrato,       et uedemi morire,44
     pòimene souenire       et non par che l facci, amore.
Amor, lo mio coraggio       sì l’ai strecto ligato,
     uoglilo far perire,       ché gli ài el cibo celato;
     forse ch’en tal stato       mo me ne uuoi poi dare,48
     ch’io nol porrò pigliare,       però te l recordo, amore.
Amor, hom ch’à l’albergo       et ha l tolto a pescione,
     se l lassa nante el tempo,       que ne uol la ragione?
     cha torni a la magione       et paghi tutta la sorte,52
     già non uol cose torte       a chi me ne rechiamo, amore.

Homo che te lamenti,       breuemente responno:
     tollendo lo tuo albergo,       crédici far sogiorno;
     albergastice l monno       et me cacciasti uia;56
     donqua fai uillanìa       se tu mormori d’amore.
Tu sai, mentre ce stetti,       quegne spese ce feci;
     non te puoi lamentare,       sì te ne satisfeci,
     ch’a nettarlo me misi,       ch’era pieno de loto;60
     fecel tutto deuoto       per habitarci amore.
Quando me ne partìe,       se ne portai lo mio,
     como lo puoi tu dire       ch’io ne portassi el tio?
     tu sai ch’ell’è sì rio,       ch’a me non è em piacere;64
     ergo co lo puoi dire       che te tolesse amore?
Quando alcuna cosa       ad alcuno è prestata,
     et non glie dà entrasacto,       non déi esser blasmata
     se la tolle a la fiata,       essendo colui uillano,68
     non conoscente de mano       de que gli à prestato, amore.
Tu sai molte fiate       s’io ce so albergato,
     et sai con gran uergogna       sì men’ài fuor cacciato;
     forse non t’è a grato       che ce deggia habitare,72
     facendo uituperare       sì nobilissimo amore.
Amor, dict’ài la scusa,       ch’ella sì può bastare
     a lo mormoramento       ch’agio uoluto fare;
     uoglio l capo enchinare       che ne facci uendicta,76
     non me tener più afflicta       de celarmete, amore.
Vedendote pentuta,       sì ce uoglio artornare,
     ancor me fosse facto       uillano allecerare;
     non uoglio che tuo pare1       facesse lamentanza,80
     ch’io facesse fallanza       de lo legale amore.

  1. [p. 195 modifica]non uoglio che tuo pare: altroue era che mai tuo pare.


Note

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