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Como Dio induce el peccatore a penitenza. .x.
PEccator chi t’à fidato che de me non hai temenza?
Non consider, peccatore, ch’io te posso nabissare?
& hai facto tal fallore ch’io sì l’ò cagion de fare;
t’ò uoluto comportare perché tornasse a penetenza.4
O dolcissimo Signore, prego che sie patiente;
lo nemico engannatore m’à sotracto malamente;
ritornato so a niente per la gran mia niquitanza.
Test’è l’anuito che io agio, che pro l nemico m’ài lassato;8
& hai creso en tuo coragio a ciò che t’à consegliato;
el mio consegl’ài desprezato per la tua grande arroganza.
Lo conseglio me fo dato ch’io deuesse el mondo usare:
da poi che sera’ enuechiato, tu te porrai confessare;12
assai tempo porrai dare al Signor per perdonanza.
Testo era palese enganno che te mettiui ad osolare;
ché non ài termen d’un anno, ned un’hora poi sperare;
se tu credeui enuechiare, fallace era tua speranza.16
La speranza che hauea de lo tuo gran perdonare,
a peccar me conducea, et facealme adoperare
en speranza de tornare a la fin con gran fidanza.
La speranza del perdono sì è data a chi la uole;20
& io a colui la dono che del suo peccato dole,
non a quel che peccar sole à spem ch’io non facci la uegnanza.
Po l peccato hauea commesso, sì dicea del confessare;
el nemico dicea con esso: tu no l porrai mai fare;24
co porrai pena portare de cusì grande offensanza?
La pena che è portata en questo mondo del peccato,
lebbe cosa è reputata a pensar de quello stato
nel qual l’uomo n’è dannato per la sua gran nequitanza.28
Col sozo laido peccato1 me tenea col uergognare
& diceame: en esso stato tu nol porrai confessare;
co porrai al prete spalare così grande abominanza?
Meglio t’è d’auer uergogna denante al preite mio,32
che hauerla poi con doglia al iudicar che farò io,
che mostraraio el facto tio en cusì grande adunanza.
Et io me rendo or pentuto de la mia offensione,
ché non so stato aueduto de la mia saluatione;36
pregote Dio, mio patrone, che de me aggi piatanza.
Poi ch’a me te sei renduto, sì te uoglio recepire;
et questo pacto sia statuto che non degge più fallire;
ch’io non porrìa suffrire cusì grande sconoscenza.40