Questo testo è completo, ma ancora da rileggere.
Er ginocchiatterra Er padre suprïore
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834

LE VARIAZZION DE TEMPI

     Ohé, Ggiachimantonio!1 oh scicoriaro!2
Come te tratta marzo?... Nu’ lo senti
Si cche rrazza de buggera de venti?
Sémo tornati ar mese de ggennaro.

     Come potémo3 poi èsse4 contenti?
Stam’5 alegri, ch’è ppropio un gusto raro!
Un giorno bbulli6 che ppari un callaro:7
L’antro8 ggiorno che vviè sbatti li denti.

     Ha rraggione er Ziggnore ch’è ppeccato
De dì a llui, ch’è er padrone, bbuggiarallo;
Ché ssi nnò9 ggià cce l’averìa10 mannato.11

     Quanno er Monno voleva frabbicallo,12
Nun era mejjo avéllo13 frabbricato
Da fàcce14 o ssempre freddo o ssempre callo?15

14 marzo 1834

  1. [Giacomo-Antonio.]
  2. [Cicoriaro: venditor di cicoria. Ma qui forse è detto per ischerzo, nel senso di “stizzoso, permaloso,„ come nel sonetto: Girolimo ecc., 1 ott. 31.Fonte/commento: Sonetti romaneschi/Correzioni e Aggiunte]
  3. Possiamo.
  4. Essere.
  5. Stiamo.
  6. Bolli.
  7. Caldaio.
  8. Altro.
  9. Ché altrimenti.
  10. Avrei.
  11. Mandato [a farsi ecc.].
  12. Fabbricarlo.
  13. Averlo.
  14. [In modo da] farci. [Cioè: “che ci facesse.„]
  15. Caldo.

Note

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.